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Tassa superbonus: arriva la stangata fiscale sulle plusvalenze

Tassa superbonus

Il governo ha introdotto la tassa superbonus, un’imposta aggiuntiva per chi vende l’abitazione, anche condominiale, dove sono stati eseguiti lavori con il 110%. Ma l’applicazione rischia di far venire il mal di testa. Ecco quando si applica.

Tassa superbonus

Dicono che il superbonus è morto. Ma non c’è niente di più falso. Lo sconto 110%, poi ridotto a 90%, ha ancora una vita davanti. Non tanto perché si possa ancora utilizzare, anche se una parte dei lavori di riqualificazione che beneficiano dello sconto fiscale sono ancora in corso, quanto perché ci sono (a quattro anni dall’entrata in vigore) aspetti che non sono chiariti o che minacciano di complicare la vita a chi ha utilizzato l’incentivo.

Di sicuro, un colpo basso è stato l’annuncio del ministro all’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha ribadito una norma inserita dal governo con la legge di Bilancio 2024 e che si rifà a un vecchio (e sopito) decreto del ministero delle Finanze del 1994.

Il decreto prevede la revisione delle rendite per gli immobili che a seguito di lavori di ristrutturazione abbiano registrato un aumento di valore di almeno il 15%. E la legge di Bilancio dello scorso anno presuppone che con il superbonus avvenga sempre un aumento di tale entità. Per questo ha previsto l’obbligo di una revisione catastale in tutti i casi in cui vi sia stata quell’agevolazione.

Peccato che la maggior parte di chi ha eseguito i lavori non lo sapesse. Insomma, chi ha eseguito una riqualificazione per la seconda casa si troverà a pagare una Imu parecchio più alta.

Stesso discorso per chi vuole vendere la prima casa (mentre l’Imu in questo caso rimane uguale, cioè zero). A Milano, per esempio, con il salto di una classe l’incremento si attesta attorno al 18%, con due classi si arriva al 38%.

I dubbi

Uno dei punti di domanda che assillano i proprietari di immobili «superbonizzati», riguarda anche la tassazione Irpef introdotta dal governo sulle cessioni, che non a tutti è chiara.

Nonostante lo slogan e le promesse pre elettorali vertessero sull’abbassamento della pressione fiscale, l’esecutivo lo scorso anno (articolo 1, comma 64, della legge 213/2023) ha deciso che chi ha beneficiato del superbonus debba essere penalizzato nel caso decida di vendere l’abitazione una volta che è stata riqualificata.

Un aspetto che ha il pregio (si fa per dire) di complicare anche l’istruttoria delle compravendite immobiliari. Perché, secondo gli operatori del settore, la decisione ha l’effetto di ostacolare i venditori che, spesso, non sono in grado di gestire la cessione, anche perché privi delle nozioni e della documentazione necessaria.

Quando scatta

Quindi, meglio sapere a che cosa si va incontro nel caso il superbonus abbia interessato il condominio. In sintesi, il governo ha deciso di introdurre una speciale Irpef sulla differenza tra prezzo di vendita e costo di acquisto dell’immobile, secondo alcune regole.

L’imposta grava sulla plusvalenza, cioè sul guadagno realizzato cedendo un’unità immobiliare oggetto di un intervento di superbonus concluso da meno di dieci anni. Va precisato che i dieci anni si intendono dal giorno in cui l’intervento superbonus è stato effettivamente ultimato, come da documentazione che attesta la fine dei lavori.

La tassa incombe anche quando l’agevolazione è stata acquisita con un intervento di altro tipo che abbia usufruito del superbonus, per esempio, la sostituzione di una caldaia o degli infissi: anche in questo caso è necessario pagare e la data per il calcolo è quella del documento di prestazione energetica, che testimonia l’avvenuta esecuzione dell’intervento.

I tempi

Dato che lo sconto 110% è stato introdotto nel luglio 2020, quattro anni fa, la tassa superbonus riguarda tutti.

In sostanza, la plusvalenza aumenta la base imponibile Irpef quando si compila la dichiarazione annuale dei redditi. In alternativa, può essere regolata versando al notaio al momento della compravendita un’imposta sostitutiva pari al 26% della plusvalenza stessa.

Va precisato che i lavori per il superbonus devono essere conclusi al momento del rogito e non ancora in corso: se il cantiere è aperto, niente stangata. E nemmeno si applica in caso di una successiva rivendita dopo i dieci anni dal primo acquisto: paga solo il proprietario che ha venduto per primo.

In pratica, se la casa superbonizzata è stata acquistata nel 2015 e poi (dopo la riqualificazione) viene ceduta oggi, il cedente dovrà pagare. Chi acquista, invece, non dovrà versare la tassa se la vende oltre il 2025.

Come si calcola l’imposta sulla plusvalenza

Ma come funziona? Se, poniamo, il proprietario di un immobile superbonizzato ha acquistato anno fa l’abitazione a 180 mila euro e ha fatto lavori per 20 mila euro (si sommano le due cifre, a meno che ci sia stata la cessione in fattura) e la rivende a 300 mila euro, in quel caso pagherà il 26% sui 100 mila euro di differenza, cioè 26 mila euro di tassa. Questo non toglie che dovrà poi inserire la vendita nella successiva dichiarazione dei redditi.

Il discorso è lo stesso per chi ha usufruito dell’agevolazione al 110% e per chi quella del 90%. Resta esentato invece, chi vende un immobile che ha ereditato. In questo caso non è considerato rilevante che i lavori siano stati eseguiti dal defunto o dall’erede. Ma le complicazioni sono dietro l’angolo.

Nel caso l’alloggio sia venduto da chi l’ha acquistato per metà ed ereditato per l’altra metà (per esempio, il coniuge superstite) e che ha sostenuto spese per il superbonus, la plusvalenza realizzata con la vendita sarà tassata per un valore che corrisponde alla percentuale della quota che non è stata ereditata. Per esempio, il/la coniuge superstite pagherà la tassa sul 50%.

Altra storia nel classico caso dei figli a cui i genitori hanno donato un immobile. In questo caso se il figlio/a rivende l’immobile ricevuto, sempre nel caso siano stati effettuati lavori con il superbonus, dovrà sborsare soldi in più allo Stato. Ma, attenzione, sarà esentato se i lavori li ha effettuati chi ha donato l’alloggio: in quel caso non è considerata una plusvalenza.

Altri casi a cui fare attenzione: se la cava senza tassa chi vende un immobile che è l’abitazione principale del proprietario o dei suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado) per la maggior parte del decennio anteriore alla vendita (o del minor periodo decorso dall’acquisto).

Per riassumere: le plusvalenze nel mirino e, dunque tassabili, sono anche quelle in cui il guadagno emerge da compravendita, permuta, conferimento in società, transazione, dazione in pagamento.

Al contrario, se la sfangano le donazioni (a parte le eventuali rivendite da parte del donatario che ha eseguito gli interventi). E va da sé che, dato che il provvedimento parla espressamente di superbonus, non rientrano nella categoria le detrazioni per lavori edilizi al 50%, l’ecobonus 65%, il sismabonus e quello per le facciate, nonché gli incentivi per i giardini e le barriere architettoniche.

Proprietari e conduttori

Un caso particolare è quello di un superbonus i cui lavori non siano stati pagati dal venditore. È possibile che, per esempio, che i lavori per l’abitazione di proprietà di un figlio siano stati onorati dal padre.

Niente da fare: la tassa incombe anche in questo caso, dato che l’eventuale cessione genera una plusvalenza. Stesso discorso se il costo dell’intervento di riqualificazione è stato a carico del conduttore nel caso di affitto, dal comodatario o dal coniuge del proprietario.

In questo caso il venditore viene tassato per la plusvalenza generata dalla valorizzazione dell’immobile grazie ai lavori del superbonus. Nel caso, se la vedranno poi proprietario e conduttore che ha eseguito le migliorie all’immobile.

Per le parti comuni?

Un discorso a parte è da riservare al condominio. Quando sono stati eseguiti interventi agevolati con il superbonus nelle parti comuni, la cessione di una unità immobiliare che fa parte del fabbricato genera plusvalenza.

Il ragionamento è: l’immobile è migliorato, quindi vale di più, quindi il prezzo di vendita sarà maggiore, quindi arriva la stangata. Questo a prescindere dal fatto che i lavori abbiano interessato anche la singola abitazione o solo lo spazio comune. La casa, insomma, è sempre nel mirino.

di Giuseppe Rossi

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Autore: Giuseppe Rossi

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