Scarichi delle canne fumarie: installazione a regola d’arte
Con l’inverno torna l’attenzione sugli scarichi delle canne fumarie. L’installazione e la messa in regola, devono attenersi a norme non sempre semplici da interpretare. Anche se sono necessarie.
In assenza di una normativa codicistica ben precisa, in merito alla installazione della canna fumaria in ambito condominiale si fa riferimento all’articolo 899 del Codice civile.
Per installare una canna fumaria all’interno del condominio è necessario in primo luogo fare riferimento al regolamento condominiale, qualora quest’ultimo consenta l’installazione saranno naturalmente osservate le normative in tema di sicurezza e salute pubblica oltreché delle distanze.
Se il regolamento prevede la possibilità di installare una canna fumaria da parte di un singolo condomino, non è possibile per gli altri invocare e opporre la normativa in tema di distanze. Vediamo perché.
Chi può installarla
Il diritto a installare la canna fumaria è inquadrabile, a prescindere dalle finalità, nel disposto dell’articolo 1102 Codice civile che disciplina l’uso della cosa comune, purché il diritto del singolo non alteri il diritto degli altri: «Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto».
La disciplina ha la finalità unica di assicurare al singolo condomino l’esercizio in concreto del proprio diritto e del conseguente godimento della cosa comune. Gli unici limiti, come detto, sono il divieto di alterazione della destinazione e le modalità di utilizzo uguale per tutti.
Tuttavia, la canna fumaria, contrariamente a quanto potrebbe facilmente pensarsi, non è un manufatto vero e proprio, ma un accessorio o dell’impianto termico del condominio stesso (terminale) o di scarico di fumi e odori di un esercizio commerciale (panetteria, ristorante, pizzeria). Di conseguenza non è soggetta alla disciplina sulle distanze. In particolare, non occorre osservare la distanza minima di 3 metri dal fondo e/o immobili vicini.
Il decoro
La canna fumaria deve essere realizzata senza intaccare il decoro architettonico del prospetto. Deve, insomma, integrarsi perfettamente con quest’ultimo e non alterarne la destinazione. Inoltre, è sempre possibile per qualunque condomino ne abbia necessità, installare una canna fumaria in aderenza al muro condominiale a ridosso del lastrico.
Essenziale è non alterare la destinazione d’uso dello spazio comune, non impedire l’utilizzo (nel caso specifico del lastrico o della parete condominiale) ad altri condomini, non pregiudicare il decoro architettonico dell’immobile. Delineata la disciplina generale sulla canna fumaria è il momento di analizzare gli aspetti concernenti l’utilizzo delle canne fumarie in condominio ed in particolare delle molteplici conseguenti problematiche. Per motivi di spazio sarà impossibile affrontarle tutte.
In primo luogo, ci occuperemo delle immissioni partendo dalla normativa codicistica. Ai sensi dell’articolo 844 del Codice civile, «il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà».
Tollerabilità
Come è facile notare, il discrimine tra legittimità e illegittimità delle immissioni su una proprietà altrui è la «normale tollerabilità» al di sotto della quale il proprietario che subisce dette immissioni nulla può nei confronti dell’autore di queste ultime. La tutela del diritto scatta superata la soglia della normalità.
Come spesso accade, il legislatore non dà una definizione precisa né fornisce dei parametri attraverso i quali si può parlare con certezza di superamento dei limiti. A ben vedere, però, il concetto di normalità è volutamente ampio così da prevedere il maggior numero di casi possibili e annoverare anche una vasta gamma di molestie. Possiamo dire che una immissione di normale tollerabilità è quella considerata sopportabile dall’uomo medio.
Oltre questa soglia, le immissioni devono considerarsi intollerabili. L’intollerabilità assume diverse sembianze: insopportabili non sono soltanto quelle fastidiose che non hanno particolari conseguenze, ma anche e soprattutto quelle che arrecano danni alle cose (si pensi alle vibrazioni causate da forti rumori o le conseguenze di fonti di calore) e a quelle che hanno conseguenze negative per la salute delle persone.
Valutazione
Utile in tal senso è una sentenza degli Ermellini, utile perché dà una definizione di normale tollerabilità in condominio: «Nell’applicazione della norma deve aversi riguardo, peraltro, per desumerne il criterio di valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all’edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari.
In particolare, nel caso in cui il fabbricato non adempia a una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, a un tempo ad abitazione e a esercizio commerciale, il criterio dell’utilità sociale, cui è informato l’articolo 844 citato, impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali (v. Cost., artt. 14, 31 e 47) le esigenze personali di vita connesse all’abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all’esercizio di attività commerciali». (Cassazione civivile, sez. II, sentenza n. 3090/1993).
Il caso amianto
Sotto altro profilo, val la pena di ricordare che nei condomini italiani, soprattutto i più vetusti, vi è il problema delle colonne di scarico/canne fumarie costruite in amianto, che potenzialmente rappresentano un grave pericolo per il diritto alla salute costituzionalmente garantito. Come ormai noto, l’amianto è ormai bandito da diversi anni con una normativa molto articolata e stringente.
In questa direzione il decreto ministeriale 06/09/1994, che individua una serie di obblighi per gli amministratori di condominio, obblighi di vigilanza e di monitoraggio. Analizziamone velocemente gli aspetti più salienti con particolare riferimento a doveri, obblighi e responsabilità dell’amministratore di condominio.
Pur non essendovi obbligo di bonifica, occorre innanzitutto fare un censimento dei manufatti in amianto. Per quei manufatti in cui non vi è danneggiamento o che contengono comunque componenti in amianto è necessario fare anche una valutazione dei rischi che l’amministratore dovrà commissionare a una ditta specializzata.
Per i manufatti integri, ma suscettibili di danneggiamento, l’amministratore ha l’obbligo di monitorarli seguendone l’evoluzione e se necessario rivolgersi, anche in questo caso a ditte specializzate che li ripareranno. In tutti gli altri casi l’amministratore sarà obbligato allo smaltimento o all’incapsulamento. Oltre alla normativa sullo smaltimento e sul monitoraggio dei manufatti l’amministratore in qualità di datore di lavoro o di committente sarà responsabile ai sensi del decreto legislativo 81/2008 in tema di sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
Tetto o no
Diversi gli aspetti relativi agli scarichi a parete. Il decreto presidente della Repubblica 412/93 e successive modificazioni e integrazioni, impone l’obbligo di scaricare i fumi sul tetto qualora si installi una caldaia a condensazione o, in caso di sostituzione della stessa, con una di ultima generazione.
Innanzitutto, gli scarichi a parete vanno installati solo quando ci sono potenze inferiori a 70 Kw e devono rispettare gli obblighi
delle distanze dai serramenti presenti in condominio. Tutti gli altri impianti vanno collegati necessariamente su canne fumarie e camini.
Esistono deroghe tassative alla disciplina appena delineata: sostituzione di una caldaia con scarico a parete o collegata a una canna fumaria condominiale. Quando gli impianti sono in edifici che obbediscono a norme di sicurezza comunali, regionali o nazionali o quando viene certificato che è impossibile che l’impianto vada a scaricare a tetto, in caso di ristrutturazione di edifici in cui non vi siano già canne fumarie compatibili con le caldaie a condensazione. In ogni altro caso lo scarico dei fumi liberi è assolutamente vietato.
di Aldo Piscitello