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Prevenzione e gestione delle acque: la battaglia dell’Italia

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Prevenzione e gestione delle acque

La prevenzione e gestione delle acque, anche a causa di eventi meteo sempre più difficili da contenere, è uno dei punti fondamentali per la salvaguardia di paesi e città italiane. Uno studio di Ispra documenta il pericolo.

In Italia i dati contenuti nella piattaforma IdroGeo di Ispra (idrogeo.isprambiente.it) evidenziano come 1,3 milioni di persone vivano in aree definite a elevato rischio di frane e smottamenti e oltre 6,8 milioni di persone siano a rischio, almeno medio, di alluvione.

Per quanto riguarda le alluvioni (ma il pericolo frane è molto spesso collegato a problemi di corrivazione dell’acqua, di deflussi e di problemi collegati al drenaggio dei terreni), secondo dati Ispra, il 5,4% del territorio è a elevato rischio, pari al 4,1% della popolazione e delle famiglie, al 4,3% degli edifici (oltre 623 mila) al 4,7% delle localizzazioni di imprese e al 7,5% dei beni culturali. Se aumentiamo la lettura al rischio medio, questi valori si alzano variabilmente di 10-15 punti percentuali.

La mappa

Analizzando la mappa del rischio presente nel portale IdroGeo emerge come non vi sia alcuna porzione del territorio italiano esente da rischio, con punte estreme, come in Calabria, dove il 17,1% del territorio regionale è in uno scenario di pericolosità elevata per le alluvioni, o come in Emilia-Romagna, dove a rischio è l’11,6% del territorio.

L’ultimo report Speciale alluvioni di Legambiente evidenzia che sono 7.423 i comuni con almeno un’area classificata a elevato rischio da frane e alluvioni. Si tratta del 93,9% dei comuni italiani e del 18,4% del territorio nazionale.

Prevenzione e gestione delle acque

Fenomeni estremi

Certamente, si potrebbe argomentare che frane e alluvioni sono fenomeni del tutto naturali, tuttavia negli ultimi 15 anni questi fenomeni sono stati amplificati a causa del consumo di suolo e dei cambiamenti climatici. Insomma, di naturale c’è poco: è colpa dell’uomo e dei fenomeni antropici che, dopo essersi accumulati nel tempo, oggi presentano un conto che è drammatico.

Abbiamo costruito troppo e troppo spesso in luoghi dove non dovevamo edificare, lungo le anse dei fiumi o ai piedi delle scarpate, lungo versanti scoscesi o in aree di pianura alluvionale. Le emissioni in atmosfera di Co2 e di gas climalteranti hanno accelerato il cambiamento climatico, con l’innalzamento delle temperature medie, per cui a lunghi periodi di siccità si contrappongono lunghi periodi di piogge sempre più intense.

E il territorio, urbanizzato, consumato, impermeabilizzato, non è più in grado di svolgere un ruolo di regolatore dei deflussi dell’acqua. Ovviamente lo scenario è ben studiato non solo da istituti indipendenti, ma anche a livello centrale nazionale.

Secondo i dati riportati da Rendis (Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo curato dall’Ispra), per la prevenzione del rischio dal 1999 al 2022 sono stati realizzati e ultimati 7.993 lavori, per un importo pari a poco meno di 4,5 miliardi di euro, su un totale di 25.101 interventi complessivi di difesa del suolo, dal valore totale di circa 17,2 miliardi.

Ma, rispetto alle esigenze, queste spese sono ancora poche per agire in modo consistente sulla prevenzione, dato che i numeri degli eventi catastrofici evidenziano che il rischio idrogeologico in Italia è aumentato nel corso degli anni e colpisce sempre più frequentemente con una forza dirompente.

Sono di questi giorni le immagini delle alluvioni e delle frane in Piemonte e Valle d’Aosta, con l’abitato di Cogne completamente isolato.

Secondo il più recente studio della Camera dei Deputati, del 13 maggio 2024, nella relazione contenente l’indicazione degli interventi di competenza dei commissari di Governo per il contrasto del dissesto idrogeologico e il loro stato di attuazione (Doc. CCXXVIII, n. 1) viene fornita una tabella che riepiloga le risorse programmate nel periodo 2010-2021 a livello nazionale. Si tratta di 4,88 miliardi di euro a valere su diversi fondi.

Inoltre, nella risposta all’interrogazione 5/01736, resa nella seduta del 14 dicembre 2023, è stato evidenziato che gli atti di programmazione e di finanziamento del ministero dell’Ambiente devono essere definiti in base alla «consapevolezza che la prevenzione del dissesto idrogeologico necessita di un approccio sistemico».

Con il decreto del 2 dicembre 2022 il ministero dell’Ambiente ha istituito un gruppo di lavoro su mandato di Presidenza del Consiglio e ministero per la Protezione civile.

Gli obiettivi non sono solo di natura economica, per la definizione delle risorse e dei fabbisogni, ma il suo ruolo è anche effettuare un’analisi dell’attuale assetto istituzionale di governo della politica di difesa del suolo, e proporre al Governo misure urgenti di semplificazione normativa e amministrativa. In particolare, seguire anche l’attuazione del piano ProteggiItalia.

Gli obiettivi italiani di contrasto al dissesto idrogeologico possono contare oggi anche sui fondi del Pnrr in materia di territorio, con particolare riferimento agli investimenti per:

  • la realizzazione di un sistema avanzato ed integrato di monitoraggio e previsione che consenta di individuare e prevedere i rischi sul territorio (M2C4.1-I.1.1-8-9), per un importo di 500 milioni di euro.
  • interventi per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico (M2C4.2-I.2.1-10-13), per un importo complessivo di 2,4 miliardi di euro, articolato in due aree di intervento: a) interventi di ricostruzione nei territori dell’Emilia Romagna, della Toscana e delle Marche colpiti dagli eventi alluvionali del maggio 2023 (a cui sono destinati 1,2 miliardi di euro); b) misure in favore delle aree colpite da calamità (a cui sono destinati 1,2 miliardi di euro) per il ripristino delle infrastrutture danneggiate e per la riduzione del rischio residuo; informazioni sui progetti avviati e sui nuovi progetti sono disponibili nel sito del dipartimento della Protezione civile; un’analisi complessiva sullo stato di attuazione della linea di investimento in questione è inoltre contenuta nella relazione della Corte dei Conti Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico, allegata alla deliberazione 16 febbraio 2023, n. 14/2023/G.

Tuttavia, va segnalato che gli interventi previsti inizialmente dal Pnrr per la resilienza e la valorizzazione del territorio, nonché per l’efficienza energetica dei Comuni (M2C4.2-I.2.2-14-17), per un importo di 6 miliardi di euro, interventi relativi alle cosiddette piccole e medie opere, sono stati eliminati dalle misure del Pnrr, evidenziando ancora una volta come anche a livello governativo il dissesto occupa meno interesse di quanto sarebbe necessario, con particolare riferimento proprio alle esigenze di interventi diffusi in molte aree della nostra Penisola.

Le risorse programmate. Fonte: elaborazione su dati camera dei deputati

Le risorse programmate. Fonte: elaborazione su dati camera dei deputati

 

Il monitoraggio

In tema di azioni di monitoraggio, utili a evidenziare le problematiche e anche a costituire strumenti di prevenzione del rischio, vanno ricordate alcune attività di grande rilevanza informativa e scientifica.

La prima che citiamo è riferita all’European Extreme Events Climate Index (E3CI), un innovativo servizio per la valutazione e la gestione dei rischi indotti dalle condizioni meteorologiche, promosso dalla Fondazione Big Data e Intelligenza Artificiale per lo Sviluppo Umano in collaborazione con il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Leitha e Unipol Group.

Si tratta di un insieme di indici volti a fornire informazioni sulle aree colpite da diversi impatti dovuti alle condizioni meteorologiche e sulla gravità di tali eventi. I principali pericoli analizzati sono lo stress da freddo e caldo estremi, la siccità, le precipitazioni intense e i venti estremi. Queste componenti sono anche combinate in un unico indice per fornire una panoramica generale dei pericoli.

Ciascun componente utilizza un indicatore come proxy per diversi pericoli, ed è stato ricavato principalmente per collegare il verificarsi di eventi meteorologici rilevanti ai loro impatti, in particolare in termini di perdite economiche e assicurative (da cui anche l’interesse dei partner privati).

Tali informazioni possono essere utili per adeguare i livelli di adeguatezza dei tassi, migliorare le capacità di budget e di gestione del rischio, progettare strumenti finanziari indicizzati e nuovi prodotti assicurativi.

Secondo i promotori, questo strumento può essere utilizzato anche per perseguire obiettivi di educazione e sostenibilità, in quanto fornisce consapevolezza sui cambiamenti climatici, supporta i processi decisionali pubblici per lo sviluppo sostenibile, fornisce una misura oggettiva per monitorare le tendenze climatiche.

Prevenzione e gestione delle acque

Il progetto Hammon

Infine, ricordiamo un altro strumento di monitoraggio sul quale, sia a livello nazionale sia globale, stanno lavorando molti ricercatori. Il progetto si chiama in codice Hammon, ovvero Hazard mapping and vulnerability monitoring, che prevede una mappatura multi-vulnerabilità omogenea, estesa e capillare su tutto il territorio italiano, un obiettivo secondo i ricercatori «ad alta potenza di calcolo» a cui infatti sta lavorando il Centro nazionale di ricerca in high performance computing, big data e quantum computing.

Il progetto ha come obiettivo aiutare la Protezione civile a individuare le zone più delicate, da monitorare in modo più puntuale evitando, per esempio, ai soccorritori di dover consultare una mappa diversa per ogni singolo rischio a cui il territorio italiano è esposto.

Un esempio recente, in altro ambito, è quanto accaduto di recente dal punto di vista sismico ai Campi Flegrei a Napoli, con l’importanza post evento nello stimare i danni e individuare gli edifici a rischio crollo ritardato. Grazie ai sistemi di supercomputing sarà infatti possibile individuare virtualmente e velocemente, grazie a gemelli digitali delle aree colpite creati integrando in real time immagini da satellite, da drone e da street view, i rischi e le potenziali conseguenze, in termini non solo ambientali, urbanistici ed economici ma anche umani e sociali.

Banche dati

Per questo progetto sono utilizzate le banche dati dei satelliti Cosmo-skymed e Prisma (entrambi dell’Agenzia spaziale italiana), che scandagliano con varie lunghezze d’onda le aree con alto profilo di rischio, per pianificare con più dettaglio eventuali interventi.

Le integrazioni con droni e immagini a livello strada permettono di documentare invece lo stato dei singoli edifici, facciate e strutture, per individuare per esempio crepe sospette.

Hammon fornisce anche uno scenario di rischio futuro per catastrofi naturali e crisi climatica, elaborando dati meteo e di eventi naturali con vari algoritmi, componendo tutte le informazioni in un’unica mappa, che diventa strumento di lavoro sia preventivo, sia in fase di emergenza.

Le prime aree analizzate e monitorate per avviare questo innovativo progetto sono quelle a forte rischio alluvionale presenti in Emilia-Romagna. Questo progetto, avviato con fondi Pnrr, è di indubbia importanza e testimonia anche come oggi la tecnologia, integrata dalle nuove conoscenze relative agli strumenti di intelligenza artificiale associati ai gemelli digitali territoriali, siano un potente strumento che ci potrà consentire, in futuro, forse di prevenire e di intervenire con sempre maggiore efficacia nell’azione ed efficienza nella spesa.

di Federico Della Puppa

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