Nubi sulla transizione green per gli immobili
Quando, tempo fa, l’Unione Europea ha manifestato improvvisamente ai proprietari di case la volontà di chiedere conto delle prestazioni energetiche di muri, infissi, impianti e mattoni, minacciando di ostacolare vendite e affitti dal 2030, la notizia è stata appresa con grande malumore risultando ai più come una vera e propria minaccia. E se, successivamente, la sulle performance degli edifici (Energy performance of buildings directive) è stata in parte modificata, proprio per scongiurare gli effetti sul mercato immobiliare, restano comunque ferme importanti linee guida da attuarsi in maniera progressiva, con l’obiettivo di portare tutti i palazzi europei a emissioni zero entro l’anno 2050.
Una rivoluzione immobiliare in atto, dunque, che ovviamente non risparmierà gli appartamenti ubicati in condominio, ai quali vengono assegnate strette scadenze per gli adeguamenti di classe energetica pur se, fortunatamente, senza più il divieto di vendita o affitto degli immobili classe G, che originariamente era stato previsto nella prima bozza del testo immediatamente contestato.
C’è aria di cambiamento, in Europa, e se il programma Next Generation Eu si è innestato nel bilancio a lungo termine della Ue rivelandosi come il primo, necessario, strumento per stimolare la ripresa, esso non poteva che coincidere con l’immediato obiettivo di puntare finalmente ad ottenere un continente più ecologico, digitale e resiliente che passerà da normative specifiche affidate ai singoli Governi. Così anche in Italia, per esempio, «entro il 2025 tutti i certificati devono essere basati su una scala armonizzata da A a G», e «i piani nazionali di ristrutturazione degli edifici saranno pienamente integrati nei piani nazionali per l’energia e il clima», il tutto in funzione degli obiettivi Ue, che puntano al ridotto consumo di energia degli stabili attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili, nell’intento di eliminare le emissioni di carbonio da combustibili fossili.
Ci sono 800 miliardi di euro, fra prestiti e sovvenzioni per sostenere le riforme e gli investimenti effettuati dagli Stati membri, per le opportunità di transizione ecologica che qui da noi, visti i non proprio lusinghieri risultati ottenuti finora, hanno intanto impattato, e purtroppo travolto, il settore dell’edilizia, rimasto sostanzialmente in bilico fra bonus, pastoie burocratiche e soprattutto prezzi impazziti.
Se è vero, come dicono da Bruxelles, che «con Next Generation Eu renderemo i nostri edifici e spazi pubblici più efficienti sotto il profilo energetico», qui nel Belpaese dobbiamo allora intanto sperare che l’ingiustificata impennata dei costi dei materiali necessari per il raggiungimento dell’obiettivo venga immediatamente bloccata, rendendoci conto che l’Europa, dietro ai finanziamenti concessi per attivare il nostro Pnrr, ha in animo qualcosa di molto diverso. E dobbiamo pure auspicare, fra un decreto antifrode urgente e ogni conseguente dietrofont, che a causa delle incomprensioni, dei distinguo e delle continue modifiche sui presupposti di accesso alle agevolazioni di Stato non esploda la protesta sociale al posto di quella coesione, sociale, così amabilmente descritta nella famosa missione cinque contenuta all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza cui l’Europa ha creduto appena pochi mesi fa, benedicendola con il suo placet ai finanziamenti in arrivo.
Michele Zuppardi