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Muri umidi, ecco come si devono risanare le pareti

Le tecniche e i materiali per risanare le pareti ammalorate dall'umidità

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Negli edifici, specialmente quelli con molti anni alle spalle, c’è il rischio di infiltrazioni dal basso che possono arrivare a mettere in pericolo le strutture del condominio. Per fortuna le tecniche per risanare le pareti ammalorate ci sono.

Entrando nel merito del fenomeno umidità nelle murature e della risalita capillare occorre fare alcune considerazioni preliminari sulle cause derivanti da condizioni ambientali e meteorologiche, ma anche sui materiali da costruzione e la loro composizione.

Procedendo per ordine, dobbiamo considerare l’acqua come elemento causale degli effetti che tendono a manifestarsi nelle strutture per la presenza di umidità e condense, riconoscibili nel tempo con la formazione di efflorescenze, muffe e spore.

Una condizione che non interessa solo i vecchi edifici, ma anche quelli di più recente costruzione, perché il contatto con acqua è inevitabile sia per i fenomeni metereologici sia per le condizioni ambientali.

Nel primo caso ci riferiamo ad acqua caduta dall’alto, quindi per infiltrazione e assorbimento nelle strutture murarie, nel terreno e nelle fondazioni. Nel secondo, per risalita dal basso, ovvero per assorbimento e capillarità delle fondazioni, o ancora per la combinazione di entrambe le condizioni.

Per comprendere meglio il meccanismo a cui sono sottoposte le strutture a contatto con acqua è opportuno richiamare alcuni principi sullo stato fisico dell’acqua e sulla porosità caratteristica dei materiali da costruzione.

Tre stati

L’acqua in natura è riconoscibile in uno dei tre stati tipici in relazione alla temperatura alla quale sono sottoposte le molecole che la compongono: liquido, solido o gassoso. È il passaggio da uno stato fisico all’altro che determina il cambiamento, e il fenomeno dell’umidità è una delle conseguenze.

Quando dallo stato liquido l’acqua evapora, per innalzamento della temperatura, si ha una risalita capillare nelle strutture murarie a contatto con il terreno. Quando da aeriforme l’acqua passa allo stato liquido, per diminuzione della temperatura, si ha la formazione di condense superficiali sulla parte interna delle murature.

L’identificazione di questi passaggi permette di riconoscere l’origine del fenomeno e compiere un primo passo per intervenire sulle cause e non sugli effetti. Nel primo caso il fenomeno è visibile per la presenza di umidità nei muri e la conseguente formazione di efflorescenze saline, con il deterioramento degli strati superficiali e nei casi estremi anche con danni strutturali.

Nel secondo, si avverte un aumento dell’umidità relativa presente nell’aria dei locali interni, con la presenza di condense sulle superfici murarie e sui vetri in corrispondenza dei ponti termici (condensa superficiale) o negli strati anche più interni della muratura (condensa interstiziale) e la conseguente formazione di muffe e spore incompatibili con il benessere fisico.

Entrambe le condizioni, pur con origini opposte sullo stato fisico dell’acqua, determinano un problema che riproduce effetti simili per la formazione di umidità. L’acqua, uno dei beni preziosi dell’umanità, nel mondo delle costruzioni può diventare un problema per i manufatti costruiti e per la salute e il benessere abitativo più in generale.

Umidità-nei-muri

Umidità nei muri

La risalita capillare

Per comprendere meglio i meccanismi che determinano la risalita capillare è utile considerare la presenza nel sottosuolo di acqua meteorica, che si distribuisce per assorbimento, impregnando per contatto sia il terreno che le fondazioni.

L’acqua si mantiene allo stato liquido a una temperatura minima di 4 gradi, ma con l’innalzamento della temperatura si innesca il processo di risalita capillare (stato di evaporazione) che dalle fondazioni, se non adeguatamente isolate, raggiunge la struttura muraria.

La risalita può proseguire oltre la quota del pavimento per un’altezza variabile secondo l’assorbimento, impregnando l’intonaco e la finitura superficiale, generalmente con effetti visibili di esfoliazione che evidenziano il processo di degenerazione interno.

Un effetto che prosegue nel tempo e può diventare irreversibile in assenza di interventi di risanamento e di eliminazione delle cause se possibile. La compromissione degli strati profondi dell’intonaco può provocare deterioramento anche della malta di allettamento che lega il manufatto murario e, nei casi estremi, determinare anche potenziali danni strutturali.

Se lo strato superficiale è impermeabile o scarsamente traspirante (pittura idrorepellente o rivestimento plastico), il fenomeno di esfoliazione nasconde un problema ben più grave che risiede negli strati interni già deteriorati. Alcuni materiali di finitura non traspiranti (strato impermeabile) sono incompatibili con le caratteristiche di porosità della struttura muraria (supporto permeabile) e impediscono il passaggio del vapore acqueo, che resta confinato negli strati interni causandone la decoesione.

Tecnologie e materiali

Il cambiamento dei materiali e le nuove tecnologie hanno trasformato il settore delle costruzioni anche nella manutenzione e nel recupero dei manufatti storici. Ma il problema dell’umidità nelle murature è ancora presente e insidioso. Proviamo allora ad analizzare alcuni aspetti importanti per comprendere meglio cause ed effetti della risalita capillare:

  1. L’introduzione storica del cemento in sostituzione della calce, soprattutto per gli intonaci, ha innescato reazioni diverse nei manufatti a contatto con acqua
  2. I materiali componenti le strutture murarie presentano normalmente alta porosità, generalmente superiore a quella degli intonaci e soprattutto delle finiture superficiali spesso impermeabili, con il risultato che all’assorbimento capillare non corrisponde una corretta evaporazione
  3. I sali minerali idrosolubili presenti nel terreno, in prossimità delle fondazioni, nella fase di risalita capillare si combinano con quelli già presenti nei materiali e nei leganti idraulici aumentando il processo di deterioramento

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Calce o cemento

Nel settore edilizio è frequente il dilemma tra cemento o calce. Si tratta di due materiali diversi, pur avendo la medesima origine. In realtà si prestano per usi differenti anche se spesso coincidono. Parliamo di leganti idraulici, ovvero quelli che fanno presa con acqua anche in assenza di ossigeno.

Entrambi i leganti provengono dalla cottura di rocce calcaree ad alto contenuto di carbonato di calcio, ma si differenziano per il grado di cottura. Le calci sin dall’antichità erano cotte nelle calchere a circa 900 gradi, mentre i cementi si ottengono con cotture a temperature molto più elevate di circa 1250-1500 gradi, dove avviene la completa fusione con la trasformazione in clinker. Ma questo procedimento si è reso disponibile solo con le nuove tecnologie degli altoforni nell’Ottocento.

La differente temperatura di cottura, semplificando, determina nei cementi maggiore coesione delle particelle e quindi minore porosità mentre, al contrario, le calci risultano più porose e meno tenaci. Anche la resistenza meccanica è diversa, maggiore nei cementi e minore nelle calci.

Questo non deve far pensare che i prodotti a base calce siano meno indicati di quelli contenenti cemento: dipende dalle caratteristiche dei manufatti e degli interventi. In linea di principio, per impieghi strutturali i cementi risultano più idonei al confezionamento di materiali resistenti come calcestruzzi e cementi armati, mentre le calci possono essere preferibili per la realizzazione di intonaci e stabiliture in particolare su manufatti storici, data la maggiore porosità.

Le calci idrauliche, proprio perché naturali (Nhl), sono dotate di una porosità caratteristica molto efficace e una bassa reazione salina. Inoltre, risultano prodotti sostenibili idonei per opere di bioedilizia. Questo vale in termini generali senza dimenticare che le malte idrauliche per allettamento e intonaco a base di calce sono utilizzate da secoli e molte opere sono ancora esistenti.

Porosità dei materiali

È importante conoscere la struttura igroscopica, ovvero la porosità di un materiale, per comprenderne il grado di assorbimento. La porosità caratteristica è l’insieme degli spazi vuoti rispetto al volume totale o meglio l’insieme dei pori che possono essere riempiti dall’acqua ed essere permeabili all’aria.

Pori di grandi dimensioni rendono il materiale meno coeso e più permeabile facilitando il passaggio dell›acqua. Al contrario, pori molto piccoli ne impediscono il passaggio. I pori possono essere classificati per dimensione in micropori (con diametro fino a 0,002 millimetri), mesopori (con diametro tra 0,002 e 0,05 millimetri) e macropori (con diametro superiore a 0,05 millimetri).

Questa distinzione permette di valutare l’altezza di risalita dell’umidità nel passaggio dell’acqua dallo stato liquido ad aeriforme. L’altezza di risalita capillare dipende infatti dal tipo di materiale e dalla dimensione dei suoi pori.

Materiali caratterizzati da micropori subiscono maggiore altezza di risalita con minore velocità, mentre materiali con pori di dimensione superiore presentano altezze di risalita minori con maggiore velocità. Quindi, è la porosità caratteristica di un materiale che determina velocità e intensità di imbibizione e quindi di altezza della risalita capillare.

muffa

Sali idrosolubili

I materiali contenenti cemento (malte e intonaci) in presenza di forte umidità e a basse temperature, soprattutto in fase di presa, tendono a rilasciare una quantità di calce libera in parte solubile in acqua.

L’evaporazione dell’acqua favorisce la reazione della calce con l’anidride carbonica presente nell’aria determinando il deposito di sali nei pori e iniziando un’azione corrosiva. Un fenomeno che si verifica nei materiali da costruzione in fase di asciugatura e maturazione e anche successivamente se esposti all’acqua meteorica senza protezione superficiale.

A ciò si deve aggiungere l’acqua presente nel terreno a contatto con le fondazioni che in fase di risalita capillare esercita un’ulteriore azione corrosiva.

L’acqua di per sé non è corrosiva, ma la combinazione con i sali minerali presenti nel terreno in forma idrosolubile, nella risalita per capillarità, si accumulano nei pori del materiale. Con l’innalzamento della temperatura si verifica la fase di evaporazione, un aumento della pressione e del volume dei sali e la conseguente rottura dei pori e, quindi, il deterioramento del materiale.

L’effetto finale è l’espulsione dei sali sotto forma di cristalli verso gli strati più esposti. Sono le cosiddette efflorescenze, ovvero i cristalli di sale responsabili della rovina dei materiali.

Nella maggior parte dei casi possiamo affermare che i cristalli sono prevalentemente costituiti da carbonato di calcio, ma a volte anche da cloruri, solfati o nitrati. Meno frequenti sono, invece, i cristalli di nitrato di potassio, comunemente conosciuti con il termine di salnitro, che si manifestano in condizioni particolari con una concentrazione di ammoniaca ossidabile derivante da sostanze azotate in decomposizione.

Le cause

Il problema della risalita capillare, con il deterioramento degli strati di intonaco e delle finiture superficiali, rappresenta una questione da non sottovalutare e possibilmente da affrontare prima di una compromissione irreversibile.

Ogni caso deve essere valutato con estrema attenzione prima di adottare qualunque soluzione. Maggiori sono le informazioni sulle caratteristiche delle fondazioni, delle murature, dei materiali e del terreno e più accurate e dettagliate possono essere le valutazioni per la ricerca della migliore soluzione tecnologica. In linea di principio possiamo considerare opportune la seguente procedura:

  • La prima indagine può essere visiva con l’osservazione delle aree più interessate dai fenomeni di umidità per efflorescenze saline ed esfoliazioni superficiali
  • La successiva valutazione può essere eseguita con procedimento meccanico per campionare e analizzare la stratigrafia della muratura, identificando i materiali della struttura (mattoni, pietra, calcestruzzo), degli intonaci (a base di calce o cemento) e dei prodotti di finitura superficiale (rivestimenti polimerizzati, idropitture, elastomeri)
  • La verifica delle fondazioni è importante per sapere se risultano isolate rispetto alla struttura muraria e in quale stato di conservazione o se, invece, non sia presente alcuna opera di difesa impermeabile contro la risalita capillare
  • La conoscenza delle caratteristiche del terreno può essere utile per valutare la qualità e la quantità dei sali presenti da confrontare con quelli contenuti nelle efflorescenze

I test diagnostici disponibili possono essere molto efficaci con l’ausilio di strumenti specifici come igrometri a contatto per calcolare la percentuale di imbibizione dei materiali, termometri a infrarossi per misurare la temperatura della superficie muraria, igrometri ambientali per valutare la percentuale di umidità relativa nell’aria interna dei locali, termocamere a infrarossi per analizzare le aree di maggiore umidità e i ponti termici, tester per evidenziare la composizione chimica dei sali idrosolubili.

Ulteriori indagini scientifiche diventano eccessive e dispendiose in edilizia convenzionale, mentre risultano importanti negli interventi di restauro su murature storiche con affreschi pittorici di rilevante importanza artistica, laddove la perfetta conoscenza di ogni dettaglio diventa importante se non indispensabile.

I rimedi per risanare le pareti

Negli interventi di edilizia civile si possono riprendere alcune tipologie di intervento più o meno invasive per limitare il fenomeno della risalita capillare, ricordando che non esiste una soluzione unica per tutti i mali.

Taglio della muratura. È un intervento meccanico particolarmente invasivo che mira a isolare la fondazione, ma è difficile calcolare con precisione la possibile compromissione statica della struttura. Una pratica utilizzata in passato0 ma oggi caduta in disuso e in contrasto con le norme vigenti in materia di sicurezza e stabilità antisismica.

Barriera chimica. È un intervento chimico, non particolarmente invasivo, per realizzare uno sbarramento orizzontale della muratura e isolare la fondazione, attraverso una serie di iniezioni con prodotti idroespansivi di derivazione silossanica. Efficace, ma difficile assicurare con estrema precisione la totale occlusione per numero, sequenza e profondità dei fori di iniezione.

Deumidificazione elettrofisica. È un intervento basato su tecnologia elettronica mediante installazione di apparecchiature, generalmente di modeste dimensioni, a impulsi mono o multifrequenza in grado di generare un campo elettromagnetico interno alla muratura, per ostacolare il movimento delle molecole d’acqua responsabili della risalita capillare.

Elettrosmosi attiva. È un intervento piuttosto complicato basato sul principio della elettroforesi mediante installazione nelle murature di due cavi orizzontali a quota differenziata alimentati a corrente continua, dotati di elettrodi a carica negativa (catodo) posizionato in basso e positiva (anodo) in alto.

La differenza di quota permette di generare un campo di opposizione in grado di spingere le particelle d’acqua verso il polo negativo (in basso) limitando quindi la risalita. Il sistema ha una funzione limitata in quanto agisce esclusivamente con materiali contenenti silicio.

Risanamento

Risanamento

 

Risanare le pareti

L’intervento di risanamento degli intonaci è quasi sempre necessario in affiancamento, ma anche in assenza, di altre opere di controllo dell’umidità di risalita. Il risanamento degli strati compromessi e deteriorati, con il rifacimento completo degli intonaci, contribuisce comunque a limitare la formazione di umidità, anche senza modificare le cause, ma controllandone gli effetti. Il principio è quello di assorbimento rapido delle molecole d’acqua e di rilascio graduale del vapore acqueo.

Una questione fisica basata sull’allontanamento del cosiddetto punto di condensa, che deve risultare esterno alla sezione muraria. Il calcolo preventivo mediante diagramma di Glaser permette di prevedere lo spessore dei materiali da risanamento considerando il luogo climatico dell’intervento, la stagionalità, la stratigrafia della struttura muraria e la porosità specifica dei materiali da impiegare. Senza entrare nel merito delle metodologie di calcolo riprendiamo le fasi di intervento.

Asportazione degli strati deteriorati

La preparazione del supporto è indispensabile per il risanamento degli strati di materiale compromesso dalla risalita capillare ed inizia con l’asportazione del materiale di finitura e degli strati di intonaco, fino al raggiungimento della struttura muraria sana (mattoni, pietra o calcestruzzo), verificando anche la stabilità della malta di allettamento.

Risanamento degli intonaci di calce

Nel rifacimento di vecchi manufatti in pietra o mattone pieno, con malta di allettamento a base di calce idraulica, è bene utilizzare intonaci e finiture compatibili della medesima natura, ovvero calce idraulica naturale (Nhl) secondo il ciclo previsto con granulometrie e alta porosità nei primi strati e finiture colorate di superficie traspiranti, come pitture a calce o rivestimenti minerali ai silicati, evitando prodotti a elevato contenuto di polimeri sintetici che possano alterare il passaggio di vapore per traspirabilità.

Risanamento degli intonaci di cemento

Nella ricostruzione di murature più recenti (blocchi in calcestruzzo, cemento armato, prefabbricati) possono essere efficaci gli intonaci micromacroporosi a base di cemento, in grado di assorbire acqua ed essere permeabili all’aria.

Anche la finitura superficiale deve essere compatibile con l’intonaco

Quindi, sufficientemente permeabile all’aria per permettere il passaggio di vapore dall’interno della muratura e in grado di frenare la molecola dell’acqua meteorica dall’esterno per contribuire all’effetto risanante.

È importante precisare che gli interventi di risanamento sarebbe opportuno eseguirli prima che gli effetti del deterioramento possano interessare tutti gli strati, dalla finitura agli intonaci, e arrivare a compromettere anche la parte strutturale della muratura. È buona norma, quindi, non sottovalutare i primi segnali di rigonfiamento e/o esfoliazione della finitura superficiale per evitare interventi più invasivi e costosi.

di Daniele Menzio

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