Mediazione condominiale: cos’è e quando è obbligatoria

La mediazione in ambito condominiale rappresenta uno strumento fondamentale di risoluzione alternativa delle controversie, la cui disciplina trova il proprio fondamento nell’art. 5 del D. Lgs. 20/2010, che la prevede come condizione di procedibilità per l’avvio dell’azione giudiziale. Questo significa che, prima di poter adire il tribunale, è necessario esperire il tentativo di mediazione per tutte le controversie in materia di condominio.
Come chiarito dalla Cassazione civile con Ordinanza n. 22805/2023, l’obbligo di mediazione si applica a tutte le controversie derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni in materia condominiale, incluse questioni relative alle spese comuni, all’uso delle parti comuni, alle innovazioni e al rispetto del regolamento condominiale.
Secondo la sentenza in questione, infatti, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda che deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza.
In grado d’appello, l’esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice ai sensi dell’art. 5 comma 2, il quale può ordinare alle parti di procedere alla mediazione anche dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, essendo tale disposizione una norma di mera disciplina dello svolgimento dell’udienza che non prevede nullità processuali.
Quando la mediazione è disposta dal giudice ai sensi dell’art. 5 commi 1 e 1-bis dlgs n. 28/2010, sebbene l’invito sia rivolto a tutte le parti del giudizio, l’onere di attivarsi grava sulla parte che avrebbe dovuto esperire il tentativo di mediazione prima dell’instaurazione del giudizio, ossia colui che ha proposto la domanda originaria.
La mancata ottemperanza a tale invito determina l’improcedibilità della domanda svolta e non dell’eventuale impugnazione, giacché incide definitivamente sull’azione originaria e non sulla fase processuale. Tale principio è coerente con quanto stabilito dalle Sezioni Unite in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, secondo cui l’onere di promuovere la procedura di mediazione è comunque a carico della parte opposta, benché il giudizio sia stato promosso dall’opponente, in quanto è l’opposta la parte che aveva originariamente intrapreso l’azione ed era quindi onerata della dimostrazione della condizione di procedibilità.
Qual è il ruolo dell’amministratore nella mediazione?
L’amministratore di condominio riveste un ruolo centrale nella gestione delle procedure di mediazione, come espressamente previsto dall’art. ter del dlgs 28/2010. La norma gli attribuisce la legittimazione ad attivare il procedimento di mediazione, a parteciparvi e a concludere gli accordi. Tuttavia, per la conclusione dell’accordo di mediazione, è necessaria una delibera assembleare assunta con le maggioranze previste dall’art. 1136, secondo comma, del Codice civile. Questa previsione garantisce che la volontà del condominio sia adeguatamente rappresentata nel procedimento di mediazione.
Come si avvia correttamente la procedura di mediazione?
L’avvio della procedura di mediazione richiede particolare attenzione agli aspetti formali. La Cassazione civile, Ordinanza n. 4405/2024, ha stabilito che l’istanza di mediazione deve presentare una necessaria simmetria con la futura domanda giudiziale, specificando con chiarezza parti, oggetto e ragioni della pretesa. Per quanto riguarda la competenza territoriale, il Tribunale di Salerno, con la sentenza n. 865/2024, ha precisato che la domanda deve essere presentata presso un organismo di mediazione situato nella circoscrizione del tribunale territorialmente competente per la controversia.
Quali sono le conseguenze della mancata partecipazione?
La mancata o invalida partecipazione alla mediazione comporta conseguenze significative sul piano processuale. Il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 127/2023, ha ribadito che l’omessa attivazione della mediazione determina l’improcedibilità della domanda giudiziale. Inoltre, come evidenziato dal Tribunale di Velletri nella sentenza n. 509/2024, non è sufficiente la mera attivazione formale del procedimento, ma è necessaria l’effettiva partecipazione della parte istante al primo incontro con il mediatore.
Quali sono gli obblighi di riservatezza e come si tutela la privacy?
La riservatezza rappresenta un pilastro fondamentale della mediazione, tutelata dall’art. 9 del D.lgs. 28/2010 e dall’art. 10 sulla inutilizzabilità e il segreto professionale. Tutte le informazioni acquisite nel corso del procedimento sono coperte da riservatezza e non possono essere utilizzate nel successivo giudizio. Il mediatore, in particolare, è tenuto al segreto professionale su quanto appreso durante la mediazione e non può essere chiamato a testimoniare sul contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento.
Come si conclude la mediazione e quali sono gli effetti dell’accordo?
La conclusione positiva della mediazione si concretizza in un accordo che, ai sensi dell’art.12 del D.lgs. 28/2010, costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione di ipoteca giudiziale. L’accordo raggiunto deve essere approvato dall’assemblea condominiale con le maggioranze previste dal comma II dell’art. 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno 500 millesimi).
La durata massima del procedimento di mediazione è disciplinata dall’art. 6 del d.lgs. 28/2010, che prevede un termine di tre mesi dal deposito dell’istanza, garantendo così la celerità della procedura rispetto ai tempi della giustizia ordinaria.