Ma il condominio può essere considerato un consumatore?
Entro fine anno troverà attuazione la direttiva europea 2019/771, che interessa anche il mondo del condominio. La direttiva è definita «la disciplina per armonizzare alcuni aspetti dei contratti di vendita dei beni, al fine di contribuire al corretto funzionamento del mercato interno, garantendo, al contempo, un’adeguata protezione dei consumatori». A spiegarne gli effetti, in uno degli eventi in programma alla Fiera del Condominio, è stato il professor Tommaso Dalla Massara, ordinario dell’università di Verona, dipartimento di Scienze Giuridiche.
Il condominio-consumatore
«Il provvedimento europeo interesserà uno dei contratti più praticati in generale e, nello specifico in relazione al condominio, cioè la compravendita», ha spiegato Dalla Massara. I soggetti del contratto sono professionista e consumatore. Ma può, il condominio, essere considerato «consumatore»? La questione, come ha ricordato il docente, è stata affrontata più volte in questi anni. Nel 2015 la Corte di Cassazione ha stabilito che, pur non essendo una persona fisica, il condominio vede l’amministratore agire come mandatario di condòmini, che trasferiscono la qualifica di consumatore anche al loro rappresentante. Il tribunale di Milano, dopo aver sollevato un dubbio alla Corte di giustizia europea nel 2019, ha deciso che si può considerare consumatore solo quel condominio composto da unità immobiliari «almeno prevalentemente appartenenti a persone fisiche e da queste utilizzate per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta». C’è, però, la posizione dell’Arbitro bancario finanziario, organismo che in una pronuncia del 2020 ha escluso a priori il condominio come consumatore. Secondo Dalla Massara, riepilogando, «bisogna sempre distinguere caso per caso».
La direttiva
La direttiva europea conferma la possibilità per il consumatore di chiedere, innanzitutto, la sostituzione o la riparazione del bene, prima ancora di sollecitare la risoluzione del contratto o eventualmente la riduzione del prezzo. «Per bene possiamo intendere un arredo del condominio, una tubazione, un ricambio dell’ascensore», ha specificato Dalla Massara. È lo stesso professore che ha invitato a domandarsi se con la direttiva saranno confermate le tutele previste dal Codice civile come l’aliud pro alio (cioè quando viene consegnato un bene completamente diverso da quello pattuito), che prevede una prescrizione decennale e scatta quando «il bene acquistato si presenta viziato in misura tale per cui si può affermare che quanto consegnato è radicalmente difforme da quello che si sarebbe dovuto consegnare». La risposta è che «la nuova direttiva stabilisce essa stessa quali sono i diritti e non c’è possibilità di rivolgersi ai singoli ordinamenti nazionali anche se prevedono diritti più favorevoli per il compratore-consumatore».
Imprese e servizi
Esistono interrogativi sempre attuali, esulando dai contratti di compravendita, in termini di contratti d’appalto. Come ha ricordato Silvia Romanò, dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali dell’ateneo veronese, la norma fondamentale del Codice civile è l’articolo 1669 che recita: «Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta». Bisogna sapere, ha aggiunto Romanò, che «secondo la giurisprudenza recente anche l’amministratore di condominio è legittimato ad agire in giudizio, oltre al committente e qualunque soggetto terzo danneggiato».
Azione e limiti
Se la rovina, il pericolo di rovina o il grave difetto non inficiano una parte comune dell’edificio, ma un bene esclusivo del condomino, per esempio un appartamento, «l’amministratore può comunque intervenire perché a egli spetta la tutela indifferenziata dell’edificio» facendo leva sull’articolo 1130 n. 4 del Codice civile, l’amministratore può inoltre proporre l’azione contro l’appaltatore, anche senza l’autorizzazione dell’assemblea dei condomini, qualora dal grave difetto possa derivare un problema per tutto il condominio. Ma «i poteri non sono infiniti», ha ricordato Romanò. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 3846/2020, ha affermato che l’amministratore non può chiedere risarcimenti per danni subìti dai condòmini nei loro immobili di proprietà esclusiva, a meno che non sia stato conferito dal singolo condomino un mandato specifico. In giudizio possono essere chiesti il risarcimento del danno o il risarcimento in forma specifica: in quest’ultimo caso, salvi i limiti dell’articolo 2058 del Codice civile, l’appaltatore è condannato all’esecuzione diretta di ciò che non ha fatto, oppure al rifacimento a proprie spese dell’intervento precedentemente eseguito in modo erroneo.