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Le dieci competenze per evitare i conflitti in condominio

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Volente o nolente, al professionista di oggi si richiedono competenze specifiche in tema di comunicazione, ascolto e capacità di guidare le persone che vivono in condominio, per trovare soluzioni funzionali al loro benessere nel rapporto con gli altri. Elenchiamo almeno 10 competenze essenziali per gestire le relazioni in un condominio.

1. Problem Solving

Il problem solving è un valido sostegno perché rende possibile l’apertura a nuovi modi di vedere e affrontare le difficoltà stimolandoci a cambiare prospettiva, a scoprire in noi nuove risorse e lavorare con maggiore efficienza. Questa skill rende possibile la focalizzazione personale sugli aspetti positivi del problema, permettendo di trovare soluzioni tra quelle in ipotesi, grazie all’acquisizione di un metodo forte nell’acquisizione delle informazioni.

In un mondo instabile, soprattutto in ambito lavorativo (gli ultimi anni fanno da esempio), questa è una capacità importante. La sua importanza deriva dalla richiesta sempre maggiore di autonomia progettuale e gestionale. È utile saper gestire incertezze, criticità, situazioni d’emergenza, ma soprattutto conflitti.

Chiaramente, i problemi sono aspetti normali della vita ed il miglior approccio possibile è la sua risoluzione. È utile utilizzare un approccio sistematico al problema, lasciando indietro l’istinto e comportamenti legati alle emozioni troppo intense non utili.

Nella gestione di un conflitto è importantissimo identificare il problema, o i problemi. È di fondamentale importanza che un buon mediatore si fermi a riflettere riguardo il momento di manifestazione del problema stesso, riguardo le situazioni di contorno, ma soprattutto riguardo i soggetti in conflitto.

L’abilità del mediatore si riscontra anche nella capacità di distinguere una difficoltà momentanea, da un problema vero e proprio e quindi permanente. La definizione degli obiettivi è un’azione imprescindibile. Senza obiettivi si pongono in essere azioni fini a sé stesse.

Un buon mediatore lavorerà su obiettivi di cambiamento, proprio per mettere in atto un processo di cambiamento, quasi un rinnovamento mentale. L’individuazione delle possibili soluzioni in una situazione di conflitto permette di valutare i pro e i contro di ogni scenario.

La definizione delle strategie e la messa in pratica delle stesse rappresenta qualcosa di non immutabile e quindi in progressivo adattamento ai bisogni dei singoli individui nella particolare situazione. È importantissima la valutazione dei risultati intermedi.

La convinzione delle parti che non ci sia soluzione al problema, un atteggiamento impulsivo verso le situazioni, la difficoltà di accettare i cambiamenti, rappresentano grandi barriere per la soluzione dei problemi.

Qui entra in gioco il ruolo del mediatore che, grazie ad una buona gestione delle emozioni e grazie a una forte capacità di ascolto, rende semplicissimo, in alcuni casi, trovare una soluzione ottimale per tutti.

Un buon mediatore permetterà alle parti in conflitto, grazie ad un ascolto attivo, un aumento di autostima e di autoefficacia, fondamentali oltre che per la risoluzione del singolo problema, anche per evitare controversie in futuro.

2. Pensiero critico

Il pensiero critico è la capacità di analizzare informazioni ed esperienze in modo oggettivo traendo informazioni dall’osservazione, dall’esperienza, dal ragionamento, o dalla comunicazione. Si fonda sul tentativo di andare oltre la parzialità del singolo soggetto i suoi valori fondamentali sono la chiarezza, l’accuratezza, la precisione e l’evidenza.

Si tratta di una competenza cognitiva. L’obiettivo è raggiungere un giudizio solido mediante processi di analisi, valutazione ed inferenza, analizzando le informazioni, le esperienze e le situazioni nel modo più oggettivo possibile. Non bisogna mai farsi influenzare dalle proprie impressioni soggettive e, soprattutto, dai pregiudizi.

Un buon mediatore, quando interviene per assistere un soggetto in un conflitto, è importante che sia in grado di riconoscere e tenere sotto controllo pensieri e comportamenti propri e altrui, al fine di condurre il cliente a prendere la decisione ottimale. Questa capacità è sicuramente legata al problem solving e alla capacità di prendere decisioni.

Il pensiero critico può essere definito come un pensiero razionale e riflessivo che porti a decidere cosa pensare o fare. Da qui si comprende l’importanza di queste competenze in ambito lavorativo, soprattutto se si ricoprono ruoli di tipo manageriale. Dover prendere decisioni strategiche ed affrontare situazioni del tutto nuove, può causare un conflitto interno all’azienda.

Il mediatore sviluppa questa capacità non fermandosi alla superficie delle cose. Andrà molto a fondo, si baserà su parametri il più possibile oggettivi e andrà ad analizzare differenti ipotesi e punti di vista al fine di portare l’assistito a prendere la decisione migliore ed il più possibile aderente alla realtà che si sta trovando ad affrontare.

È utile che un buon mediatore rifletta, senza affidarsi a giudizi impulsivi e continui a fare domande per cercare alternative migliori per il cliente, infatti se sarà in grado di reperire un gran numero di informazioni, di analizzarle e valutarle con scrupolo potrà indicare al cliente la soluzione più affidabile e sicura da seguire.

Il contributo del pensiero critico, e di conseguenza del mediatore che possiede questa capacità, è importantissimo poiché un mediatore che non la possegga, confonderà molto facilmente le proprie interpretazioni personali con la realtà dei fatti e questo ostacola la creazione di relazioni efficaci che siano la base per la risoluzione del conflitto.

3. Creatività

Favorire il processo creativo, durante la gestione di un conflitto, significa mettersi a disposizione del contesto di partenza, per sostenere la definizione di una mappa delle risorse necessarie ad affrontarlo, nella direzione di una situazione non scontata e\o polarizzata.

Significa, soprattutto, promuovere il ragionevole dubbio che si possa trovare una soluzione non convenzionale, ma ragionevole, fuori dalla ovvia distinzione «io vinco – tu perdi».

Il processo creativo inoltre, si muove dall’identificazione delle posizioni di partenza e dai bisogni e fatti in gioco, per poi agire spostando gli interlocutori verso il futuro desiderato. È in questo spazio di creazione delle opzioni percorribili nel futuro, che il mediatore può agilmente mostrare l’importanza della valutazione degli impatti delle decisioni da prendere.

È riflettendo su quale futuro desideriamo per noi e per gli altri, che si favorisce la valutazione di azioni e decisioni sostenibili per noi e per gli altri. Sono aperto alla scoperta, alla sorpresa, alla ricerca, al promuovere il passaggio da soluzioni «o\o» alla costruzione di soluzioni «e\e».

4. Gestione delle persone

Gestire persone è un’abilità fortemente connessa alla capacità di un amministratore o di un professionista in genere di utilizzare la propria autorevolezza per riuscire a spostare le persone che si riferiscono a lui verso una sempre maggiore realizzazione.

Tale capacità si concretizza prevalentemente individuando le leve motivazionali e i talenti che consentono di determinare una risposta positiva alle richieste del momento.

Nelle situazioni di conflitto, in particolare, gestire persone come mediatore significa, saper separare il contenuto del conflitto dalla relazione in essere, cercando di valorizzare tutti gli aspetti che consentono di favorire la definizione di chiari confini, regole e valori. In molti casi, il mediatore dovrà fissare impegni, costruire le regole di un linguaggio comune, far esplicitare le ovvietà e le conversazioni date per scontato.

Infine, gestire persone in situazioni di conflitto significa far emergere le reali motivazioni ed i bisogni delle parti, creando uno spazio di parità e di reciproco rispetto, al di là delle esigenze esplicite.

Costruire, dunque, relazioni professionali autentiche, interessandosi delle persone che fanno riferimento al mediatore e prestando tempo ed attenzione a conoscerle per comprenderne al meglio, motivazioni, talenti e debolezze, avviene attraverso:

• La comprensione che ogni persona è diversa e cerco di adottare uno stile di comunicazione situazionale
• La capacità di comunicare in modo chiaro gli obiettivi di ogni iniziativa ed incontro, collegandoli a ciò che è prioritario
• Saper fare richieste chiare, esplicite e aperte alla negoziazione
• Saper dare e ricevere feedback costanti e costruttivi (proponendo esempi e possibili ventagli di soluzioni).

5. Coordinarsi con gli altri

«Nessun uomo è un’isola». Parole destinate a insegnare l’importanza di fare parte di un disegno universale. Nessuno di noi può dare il meglio di sé se rimane isolato. Soprattutto in ambito lavorativo, la capacità di coordinarsi con gli altri è sempre più apprezzata.

Fare squadra aiuta ad essere più felici anche fuori dall’ufficio e quindi in tutte le vicende della vita quotidiana. La metafora della squadra di calcio rende sempre molto bene il concetto che si vuole esprimere.

Un condominio deve essere pensato come ad un collettivo di persone che vivono insieme nel rispetto le une delle altre. Ecco perché l’approccio collaborativo risulta importantissimo e prezioso.

6. Intelligenza emotiva

Si tratta di un insieme di capacità, emotive e sociali, che influenzano il modo di percepire ed esprimere sé stessi, di costruire e mantenere relazioni sociali, di affrontare le sfide e di utilizzare informazioni emotive in modo efficace e significativo.

Nelle situazioni di conflitto, in particolare, l’intelligenza emotiva aiuta il professionista a riconoscere i sentimenti e le emozioni in gioco, proprie e altrui, a distinguere tra di esse ed utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri ed azioni in modo da alimentare relazioni sostenibili nel tempo, per sé e per gli altri.

Lavorare con l’Intelligenza emotiva aiuta i mediatori a poter parlare di ogni emozione come di un «regalo prezioso» che indica cosa è davvero importante per la persona ed indirizza la relazione verso la possibilità di accettare che le emozioni siano tutte importanti, ma che la loro intensità può essere, in alcuni casi, una barriera all’efficacia della comunicazione e della relazione in essere.

Capacità-di-prendere decisioni7. Capacità di prendere decisioni

La capacità di prendere decisioni, o decision making, è ciò che determina il nostro agire, ciò che spinge a fare i giusti passi per raggiungere il proprio obiettivo. Ogni giorno, fin da quando lo ricordiamo, ci troviamo a dover prendere delle decisioni.

Tutto ciò che accade nelle nostre vite è sicuramente il frutto di una combinazione di scelte. In alcuni casi il meccanismo decisionale è molto più evidente che in altri, si pensi alla scelta dell’auto, della propria abitazione o dell’abito per il proprio matrimonio.

Esistono però anche continue decisioni, più «piccole» se così si possono definire, che passano inosservate (mangio pesce o carne stasera? Mi metto i jeans o la gonna?) ma fanno la differenza e condizionano la nostra vita. In una situazione di conflitto è fondamentale saper prendere decisioni.

L’ascolto attivo migliora la comprensione dei punti di vista altrui e permette di lavorare con gli altri in maniera collaborativa e non oppressiva sul piano decisionale. Ascoltare è un segno di rispetto verso l’interlocutore come anche non esprimere giudizi.

È importante che il cliente si senta riconosciuto, ricordato e apprezzato e soprattutto a proprio agio riguardo i più vari bisogni (espliciti ed impliciti). Ascoltare porta a generare relazioni più solide e porta a desiderare una collaborazione. L’empatia è fondamentale.

Non è utile dare consigli basati sull’esperienza, ma è importante cooperare e giungere ad una soluzione assieme. È fondamentale che il processo di decision making dell’assistito non sia assolutamente influenzato. Di enorme rilevanza è che il proprio agire tenga in considerazione gli individui con cui si interagisce ed è necessario aver ben chiaro cosa si è disposti ad accettare e che cosa no.

Nonostante ciò che accade intorno, è fruttuoso che il singolo individuo cerchi insistentemente di mantenere un livello di qualità alto. Una omologazione alle decisioni della maggioranza è una privazione della propria libertà. Una persona ha una buona abilità di prendere decisioni o di supportare decisioni altrui (nel caso del mediatore) quando sa distinguere fatti e opinioni.

È importante domandarsi se una decisione si basi su fatti o su opinioni. La capacità decisionale è legata anche ad una certa previsione degli impatti e delle ricadute. Da qui l’importanza di agire informati. L’informazione sovrasta l’istinto e la foga del momento. Possiamo parlare di conflitto decisionale ogni volta che:

• all’interno dell’individuo si manifestano contemporaneamente due forze di uguale intensità, ma di verso opposto
• quando l’influenza dominante di un soggetto ci porta a fare qualcosa che non vorremmo fare.

Nella seconda ipotesi, un individuo perde la sua libertà decisionale per quieto vivere o per senso di sottomissione verso l’altro. Questo però fomenta un «conflitto subliminale» che cresce nel tempo e sicuramente diventerà indomabile.

Occorre che ogni persona si riconosca come tale e grazie al mediatore o al negoziatore, sia in grado di esprimere ciò in cui crede, ciò che vuole fermamente. È un compito fondamentale quello del mediatore perché racchiude in sé capacità di ascolto, di comprensione e soprattutto Non è assolutamente utile influenzare il processo decisionale dell’assistito, che deve essere valorizzato.

8. Orientamento al servizio

Tutti coloro i quali sono dotati di service orientation, sono individui che non amano «remare contro» altri individui e nemmeno godono dei loro insuccessi. Per loro è importantissimo andare d’accordo e dare una mano a chi si trova in difficoltà.

Ci si focalizza su un’attività o un problema da risolvere, eliminando, strada facendo, tutte quelle situazioni che potranno sabotare o minare il proprio percorso verso il risultato. È sempre più importante il coinvolgimento degli utenti nella valutazione dei servizi per rilevarne il grado di soddisfazione e di conseguenza si dovranno orientare le azioni future sulla base dei riscontri.

Che cosa significa sviluppare l’orientamento al servizio nella gestione del conflitto? Comprendere il significato più profondo di coloro che sono coinvolti compresi i professionisti delle parti se presenti e anche di coloro che sono portatori di interessi e che non sono presenti, quali sono le aspettative e le esigenze, risolvere i suoi problemi e mostrargli attenzione valorizzandolo, creano le fondamenta per il consolidamento di un rapporto di lungo periodo. Ci si può impegnare al fine di instaurare un rapporto produttivo con l’assistito, cercando di:

• capire le esigenze delle parti
• essere consapevoli che il servizio percepito non sempre corrisponde al servizio offerto

Negoziazione9. Negoziazione

La negoziazione può essere definita come la capacità di comunicare e confrontarsi per arrivare a un accordo. Essere dei buoni negoziatori presuppone alcune qualità, tra cui intelligenza, strategia, personalità ed empatia.

Se precedentemente la negoziazione veniva intesa come un processo finalizzato a raggiungere un obiettivo, anche a discapito della controparte, oggi si ha una visione completamente differente. Mentre si sta trattando, avviene uno scambio di esperienze ed informazioni, che mira alla soddisfazione di tutte le parti coinvolte. Questo è il valore aggiunto della negoziazione.

Infatti, un buon accordo è strategico per tutti. Per la negoziazione sono richieste capacità relazionali e cognitive, per questo non tutte le risorse sono adatte. In una situazione di conflitto è importantissima la negoziazione. Prima di avviare una negoziazione è importante prepararsi nella maniera più adeguata. È utile conoscere bene la controparte, la sua storia, cosa rappresenti e quale affare si voglia concludere. Questo rende possibile muoversi con sicurezza e rafforza la considerazione che l’interlocutore avrà nei confronti del negoziatore.

È di fondamentale importanza la firma dell’accordo, perché rappresenta un gesto apprezzato. Accordi non sottoscritti e pagamenti in ritardo rischiano di distruggere un buon rapporto di negoziazione.

Una persona in grado di negoziare deve essere in grado di «aprire» alla controparte, seguendo una logica orientata sempre alla conclusione dell’affare, con soddisfazione reciproca. È utile che la primissima proposta sia abbastanza distante dalla richiesta effettiva, affinché rimanga spazio sufficiente per trattare.

Vantaggioso è anche capire se si tratti di una negoziazione molto competitiva, collaborativa o atipica. La negoziazione è un segnale di forza e di solidità patrimoniale anche in un’ottica di lungo periodo. Si ha il timore che in futuro, le decisioni vengano prese da macchine sofisticate attraverso l’utilizzo dei big data.

È importante negoziare per guadagnare autonomia nella risoluzione dei problemi senza doversi rivolgere ad un giudice/arbitro. La capacità di negoziazione risulta essere una competenza chiave e rappresenta il mezzo che può permettere di fare il salto di carriera alla parte manageriale di un’azienda. È sicuramente una skill necessaria alla gestione strategica del business.

Per poter creare dei rapporti all’interno di negoziazioni complesse è utile capire quali siano i problemi delle due parti opposte. Ascolto attivo e comunicazione gettano le basi della comprensione e includono tecniche in modo da stabilire un rapporto tra il negoziatore e la controparte.

Un errore abbastanza diffuso è che molti ascoltano solo per rispondere e non per capire. In genere i negoziatori affrontano la negoziazione con delle aspettative. Tuttavia, spesso si scopre che i loro obiettivi non coincidono con quelli della persona con cui stanno negoziando. Cercare di risolvere il problema velocemente non porta vantaggi all’interno di un conflitto.

È importante ascoltare ed essere pazienti; solo con il giusto tempo le persone potranno elaborare le loro emozioni. All’interno di un conflitto, è fondamentale focalizzarsi sul processo (soddisfando le esigenze di entrambe le parti) piuttosto che sul risultato (e quindi sulla vittoria).

10. Flessibilità cognitiva

La flessibilità cognitiva si riferisce alla capacità di passare prontamente da un processo mentale all’altro in risposta a stimoli esterni. Tale abilità si esprime dimostrando di saper cambiare facilmente strategia d’azione e di pensiero passando in rassegna, mentalmente e in modo rapido, differenti piani d’azione e catene di pensieri per rispondere ai cambiamenti repentini o davanti a stimoli che entrano anche in competizione tra di loro.

Nelle situazioni di conflitto, in particolare flessibilità cognitiva è uno dei principali pilastri d lella mediazione, poiché è la capacità che meglio consente di agevolare le relazioni in gioco e raggiungere più facilmente un accordo comune tra le parti coinvolte.

Attraverso un approccio flessibile ed aperto, il mediatore mette in luce l’importanza di creare un tavolo di confronto che consideri sempre i valori altrui, le differenze tra ogni singola persona e le esperienze delle quali si è portatori. Si promuovono in questo modo il continuo rispetto delle idee e dei modi di pensare differenti dai nostri.

Vedere le cose in una prospettiva diversa, empatica o logica che sia, apre alla capacità di generare davvero scenari nuovi ed approcciare ai cambiamenti, tenendo conto che non siamo gli unici a doverlo gestire, perciò magari anche chiedendo aiuto. Qualche esempio di comportamento che esprime questa soft skill può essere:

• Riesco con facilità a passare da un compito mentale a un altro
• Sono in grado di riconoscere ed eventualmente usare o promuovere regole diverse in contesti diversi
• So adattarmi velocemente alle novità, tollerando i cambiamenti e valutando efficacemente le alternative e le diverse soluzioni allo stesso problema.

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Autore: redazione

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