La sostenibilità entra a far parte dell’immobiliare
Il concetto di Esg (Environmental, Social, Governance) entra a far parte del mondo del real estate. Così considerare l’impatto di un edificio e la sua rilevanza nell’ambiente diventa uno dei nuovi parametri per il condominio.
Tra i nuovi driver dell’innovazione anche nel settore del real estate spiccano la digitalizzazione e la sostenibilità, intesa a livello ambientale, sociale e di gestione attraverso i criteri Esg, acronimo che sta appunto per Environmental, Social, Governance.
Termini che sono utilizzati in ambito economico-finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile.
A fare il punto sull’argomento è intervenuta a chiusura del convegno Anaci a Bergamo Chiara Tagliaro, docente al Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito Abc del Politecnico di Milano.
«Gli edifici consumano circa il 40% dell’energia primaria e il 36% dell’energia totale attribuibile alle attività produttive, oltre a causare il 39% delle emissioni di Co2 e il 40% dei rifiuti totali. Il settore immobiliare ha dunque un ruolo chiave nell’ambito della sostenibilità», ha dichiarato la relatrice.
Sviluppo sostenibile
«Alla base dei ragionamenti sulla sostenibilità c’è il concetto del limite della crescita, già formulato nel Rapporto sui limiti dello sviluppo, commissionato al Mit dal Club di Roma e pubblicato nel 1972. Si tratta di un rapporto in qualche modo rivoluzionario perché per la prima volta il pianeta Terra viene definito come un sistema finito e limitato e, basandosi su simulazioni, predice le conseguenze della continua crescita della popolazione sull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana».
In questo rapporto il pianeta Terra viene analizzato nella sua complessa interazione tra cinque fattori: la conservazione e il consumo di materie prime, la crescita della popolazione, la disponibilità di alimenti, l’inquinamento e lo sviluppo industriale.
«In questo modello alcune curve di crescita subiscono un’inflessione di tendenza. Oltre alle risorse disponibili, anche l’aumento demografico è destinato a subire una flessione. Ci sarà un momento di inevitabile crisi del modello di crescita continua, e anche la popolazione andrà necessariamente decrescendo. Ecco perché è necessario riflettere su un concetto di sostenibilità che in qualche modo intercetta nuovi fattori, non solo quelli tradizionali», ha chiarito Tagliaro.
Le tappe per uno sviluppo sostenibile
Il rapporto Brundtland del 1987 è stato a sua volta rivoluzionario.
Pubblicato con il titolo originario di Our Common Future.
The world commission on environment and development, è stato commissionato dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo.
«Il rapporto definisce esplicitamente il concetto di sostenibilità come l’abilità di un sistema-processo di mantenere le sue condizioni per un periodo di tempo illimitato. È necessario dunque trovare un equilibrio per non incappare in una crisi del sistema, attivando uno sviluppo sostenibile, definito come uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni».
Lo sviluppo sostenibile include tre aree fondamentali: la crescita economica, l’inclusione sociale e la tutela ambientale.
«Quello che consente effettivamente a queste tre aree di convivere e bilanciarsi è un concetto di sostenibilità a 360 gradi, come le attuali direttive europee ci suggeriscono».
L’Agenda 2030
Si arriva così all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Si tratta di un programma di azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu riuniti a New York, proprio con l’obiettivo di creare delle linee strategiche di indirizzo».
Ovviamente, ha spiegato la docente del Polimi, il passo tra questo documento strategico e quello che effettivamente si riuscirà a ottenere al 2030 è ancora lungo.
Tuttavia, grazie ai 17 obiettivi formulati nel documento, è stato possibile cominciare a mettere le basi per tutta una serie di investimenti e di azioni.
I 17 obiettivi, chiamati Sustainable Development Goals (Sdgs), coinvolgono diversi aspetti della sostenibilità, dall’eliminazione della povertà e della fame al miglioramento della salute, e dell’istruzione, dalla parità di genere alla disponibilità di acqua e servizi igienico sanitari, fino ad arrivare ai concetti di pace di giustizia, consumo e produzione responsabili, lotta al cambiamento climatico.
L’obiettivo 11, in particolare, mira a rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili attraverso alloggi adeguati, un sistema di trasporti sicuro e accessibile, un’urbanizzazione più inclusiva e integrata, la salvaguardia del patrimonio culturale e naturale, la gestione delle calamità, l’attenzione alla qualità dell’aria e alla gestione dei rifiuti urbani, spazi verdi e pubblici, una maggiore interazione tra aree urbane, periurbane e rurali, una gestione olistica del rischio di disastri su tutti i livelli, e la costruzione di edifici sostenibili e resilienti utilizzando materiali locali.
Come misurare l’Esg
Per monitorare il progresso verso il raggiungimento di questi obiettivi «dobbiamo necessariamente affidarci a un sistema di misurazione e di monitoraggio delle performance sulla base di Kpi, Key Performance Indicator», ha spiegato la professoressa.
«A oggi la maggior parte delle misurazioni sono ancora di natura volontaria, ma questo elemento diventerà sempre più stringente e obbligatorio per guidare gli Stati verso un quadro nazionale di monitoraggio delle politiche di sviluppo sostenibile il più possibile omogeneo e coerente col quadro globale. Per questo occorre necessariamente affiancare agli Sdgs, che sono obiettivi ampi riferibili a contesti allargati, degli indicatori puntuali di misurazione delle performance di sostenibilità, che consentono di integrare aspetti economico-finanziari, organizzativi e operativi di natura ambientale, sociale e di governance».
Secondo un rapporto di Kpmg (The time has come, 2020) è in aumento il numero di investitori, gestori patrimoniali e agenzie di rating che incorporano le informazioni sulla sostenibilità o sulla governance ambientale e sociale nella valutazione delle performance e dei rischi aziendali.
«Il numero di aziende che si focalizzano su questo tipo di reporting è cresciuto esponenzialmente negli ultimi 15 anni e l’investimento sostenibile si sta trasformando da una pratica di gestione del rischio a un motore di innovazione. Non si tratta più soltanto di valutare la qualità di un edificio o un investimento, ma capire come creare valore a lungo termine per le imprese e la società».
L’impatto nel real estate
Come sono stati recepiti i criteri Esg dalle imprese?
La B Corporation (o B Corp) è una certificazione rilasciata da B Lab, ente no profit statunitense.
Le aziende devono raggiungere una valutazione minima di 80 punti su 200 totali sulla base di un questionario di analisi delle proprie performance ambientali e sociali e integrare nei documenti statutari il proprio impegno verso gli stakeholder.
Sul sito europeo https://bcorporation. eu/country_partner/italy-it/a oggi sono elencate 6400 B Corp nel mondo di cui 220 in Italia.
«Attualmente, la rendicontazione Esg non è obbligatoria. Tuttavia alcune società del real estate scelgono di divulgarla volontariamente. I report Esg nel settore immobiliare sono anche noti come Rpi (Responsible property investment) o report di responsabilità-sostenibilità e divulgano i dati sulle prestazioni e gli impatti che le azioni dell’azienda hanno sul clima e sul pianeta. La valutazione Gresb valuta le società immobiliari sulla performance extrafinanziaria dei loro edifici e copre oltre 150 mila asset in 66 Paesi. Nel 2022, più di 1.820 società immobiliari, fondi e sviluppatori hanno partecipato alla valutazione Gresb», ha spiegato la relatrice.
Monitoraggio digitale
Il monitoraggio Esg comprende fattori non soltanto economico-finanziari e offre l’opportunità di prendere decisioni basate su dati, riportando al centro l’importanza della loro misurazione e gestione, attraverso sistemi digitali, condivisi e trasparenti.
Analizziamo quindi nel dettaglio le misurazioni che ineriscono le tre voci che compongono la sigla Esg, cioè Environmental (ambiente), Social (società), Governance (gestione):
Environmental: in questo ambito sono comprese tutte le misurazioni che riguardano il tema della sostenibilità ambientale, non soltanto in termini di consumi energetici e di emissioni inquinanti, ma anche rispetto all’utilizzo più responsabile delle risorse (energie rinnovabili, edificio N-Zeb), alla mobilità elettrica, alla gestione dell’acqua, dei rifiuti e del riciclo (economia circolare), alla capacità di resilienza del territorio e dell’ambiente costruito rispetto a eventi meteorologici straordinari ed estremi;
Social: la sostenibilità sociale viene misurata sulla base di tutti quei fattori che riguardano l’etica, l’equità e la diversità, la salute e la sicurezza, le condizioni di lavoro e i benefit per i lavoratori, i diritti umani e l’impatto che gli edifici possono avere anche sulla comunità locale;
Governance: il tema della governance riguarda la struttura e i processi organizzativi.
Le nuove organizzazioni aziendali implicano diversità nei board direzionali e nei processi decisionali, un maggior coinvolgimento degli stakeholder e maggiori diritti per gli shareholder, la giusta retribuzione in relazione alle performance, una maggiore elasticità organizzativa e resilienza e la misurazione delle performance secondo la logica Smart (Specifico, Misurabile, Raggiungibile, Realistico, Temporizzabile).
«In tutto questo la tecnologia gioca un ruolo molto importante per la raccolte il monitoraggio dei dati, anche se si incorre nel rischio della cosiddetta datafication, cioè una proliferazione di dati di cui poi non si sa bene cosa fare. Grazie all’Internet of Things, alla domotica, ai sensori e agli oggetti intelligenti nelle case, negli uffici, nelle strade, alle app mobili, la tecnologia consente una efficace raccolta dei dati, in una maniera continuativa, real time e dispersa sul territorio, permettendo di controllare una serie di eventi che altrimenti sarebbe impossibile monitorare», ha sottolineato Tagliaro.
«Purtroppo, soltanto il 25% degli edifici oggi è conforme agli standard introdotti dall’Unione Europea. La prospettiva è quella di passare dal tradizionale concetto di green building, che prevede la progettazione di edifici environmentally friendly, in grado di usare in modo efficiente le risorse, agli Smart Sustainable Buildings, integrando i concetti di sostenibilità e la tecnologia. Stiamo quindi parlando di un edificio che raccolga non soltanto tutta una serie di informazioni sulle emissioni, il comfort, l’efficienza energetica, la produttività delle superfici, il consumo di risorse, ma che possa combinare i dati raccolti e stabilire delle strategie e delle linee d’azione in virtù del monitoraggio dell’edificio».
Il ruolo dell’amministratore
In questo contesto, grazie all’integrazione della tecnologia nel suo operato, «anche l’amministratore di condominio potrà finalmente assumere la funzione di building manager, sovrintendendo al patrimonio edilizio amministrato come qualcosa da valorizzare. Questo sottintende una avanzata capacità organizzativa, indicando ai condòmini le decisioni migliori da prendere, anche in un’ottica etica che va oltre il concetto di miglior spesa e maggior risparmio, e che considera anche quello che può fare l’edificio per il futuro e per il contesto urbano. E facendo da mediatore con i professionisti legati al mondo edilizio, in un contesto di rapporto fiduciario», ha affermato la relatrice.
«Il gestore di condominio può traghettare verso le città del futuro, incentivando un cambiamento di mentalità e uno stile di vita più responsabile. Quindi l’amministratore diventerà una figura sempre più importante, in grado di mettere a servizio la propria competenza, utilizzando strumenti innovativi e cercando di incoraggiare una trasformazione del mercato».