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La distribuzione idrica negli edifici e i controlli previsti dalla norma

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In Italia ci sono 12 milioni di edifici residenziali, in buona parte condomini. Ora un decreto stabilisce regole più stringenti per gli amministratori riguardo l’obbligo di controllo degli impianti e della distribuzione idrica. Con sanzioni salate.

Acqua azzurra, acqua chiara, o forse amara per il condominio. E soprattutto sotto controllo dal punto di vista sanitario: un principio che tocca da vicino il mondo della gestione condominiale.

Su questo aspetto alla legislazione già in vigore si è aggiunto il decreto Acque potabili del 23 febbraio 2023, n. 18. È un provvedimento che chi gestisce un edificio residenziale è tenuto a conoscere. Tanto per cominciare, stabilisce che cosa si intende per «acque destinate al consumo umano». Non è una precisazione superflua

Potabilità

Nello specifico, il decreto legislativo specifica che si devono considerare utilizzabili per la normale attività domestica le acque «trattate o non trattate, destinate a uso potabile, per la preparazione di cibi, bevande o per altri usi domestici, in locali sia pubblici che privati, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne o in bottiglie o contenitori, comprese le acque di sorgente».

Segue una ulteriore classificazione delle acque per utilizzo alimentare, medicinale o a utilizzi specifici. Bisogna anche aggiungere che il provvedimento è il risultato dell’attuazione della direttiva 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, che risale al 16 dicembre 2020 (quindi ci siamo arrivati tre anni dopo), che riguarda la qualità delle acque destinate al consumo umano.

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Valutazione e gestione dei rischi dei sistemi di distribuzione interni

I rischi

Quello che interessa maggiormente, però, sono gli obblighi per l’amministratore di condominio. I casi di legionella, che periodicamente occupano le cronache, sono solo la punta estrema dei problemi che possono intervenire da una mancata gestione ottimale dell’impianto idrico.

D’altra parte, già il Codice civile contiene norme stringenti: l’articolo 1120 in materia di innovazioni, per esempio, si occupa della sicurezza e della salubrità degli impianti. Ma nello specifico il decreto di febbraio si occupa della protezione della salute umana dalle possibili contaminazioni delle acque, che devono essere salubri e pulite.

Inoltre, il provvedimento riguarda il miglioramento dell’accesso alle acque destinate al consumo umano. Come nell’articolo 4, che sottolinea espressamente che le acque destinate al consumo domestico non devono contenere microrganismi, virus e parassiti, né altre sostanze in quantità tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute.

Inoltre, devono soddisfare i requisiti minimi stabiliti dall’allegato del decreto, che ne precisa i termini. Naturalmente il condominio è responsabile solo della parte di impianto idrico di competenza. L’amministratore non ha responsabilità anche in caso di comprovate cause di forza maggiore, ma a patto che l’impossibilità di accedere o intervenire su tratti di rete idrica del condominio sia documentata.

In linea di massima, invece, le competenze condominiali arrivano fino al punto di consegna, cioè dove l’allacciamento idrico pubblico si collega all’impianto dell’utente finale (sistema di distribuzione interna), e più precisamente in corrispondenza del contatore dei consumi idrici, tecnicamente il misuratore dei volumi.

La competenza

Il decreto 18/2023, oltre ad aspetti di carattere generale, si riferisce esplicitamente alla gestione della distribuzione idrica interna che entra sotto la giurisdizione dell’amministratore di condominio.

Il gestore dell’edificio è a tutti gli effetti considerato il responsabile del sistema idrico interno allo stabile, quello che, come precisato in precedenza, si trova tra il punto di consegna pubblico e il punto d’uso dell’acqua, dove il liquido inizia il suo viaggio nelle tubature condominiali, fino al rubinetto di casa.

L’amministratore di condominio è il titolare di contratto di fornitura idrica e il decreto ne sottolinea il ruolo con la definizione di Gestore della distribuzione idrica interna (Gidi per gli amici). L’articolo 2 precisa, come accennato, come «il proprietario, il titolare, l’amministratore, il direttore o qualsiasi soggetto, anche se delegato o appaltato sia responsabile del sistema idropotabile di distribuzione interno ai locali pubblici e privati, collocato fra il punto di consegna e il punto d’uso dell’acqua».

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Le acque destinate al consumo domestico non devono avere virus e microrganismi

Legionella e piombo

Tra gli obblighi dell’amministratore è precisata la valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione interni alle strutture prioritarie (che sono individuate all’allegato VIII e dai parametri nell’allegato I, parte D).

Lo stesso professionista, per legge, deve adottare le eventuali misure preventive e correttive per ripristinare la qualità delle acque quando emerge un rischio per la salute dei condòmini. Più nello specifico, il decreto stabilisce che il gestore dell’impianto condominiale deve assicurare che i valori di conformità e salubrità sia rispettati e mantenuti.

Non solo: l’amministratore deve adottare le misure necessarie per ripristinare valori nella norma nel caso di eventuali non conformità siano riconducibili al sistema di distribuzione interno. Che cosa deve fare, quindi, l’amministratore? Semplicemente, deve assicurarsi che sia verificata la potabilità dell’acqua, necessaria per mantenere i requisiti di salubrità nella rete di distribuzione interna. A maggior ragione se il condominio prevede anche la presenza di serbatoi, filtri o impianti per il trattamento delle acque.

La verifica non riguarda solo la purezza dell’acqua, ma anche la presenza di incrostazioni calcaree oppure obsolescenza, che possono inficiare le condutture. Perché anche la qualità delle tubazioni può influenzare la qualità del liquido che scorre attraverso. I due nemici principali restano, comunque, legionella e piombo.

La Legionella è quel batterio che, se presente nell’acqua, può diventare letale soprattutto per bambini e adulti con poche difese immunitarie. Il piombo delle vecchie condutture e presente in tubazioni e in leghe di metalli usate per le saldature negli edifici può invece provocare danni al sistema neurologico e circolatorio.

I controlli, inoltre, devono essere effettuati periodicamente con campionamenti da effettuare sulle reti idriche interne, come indicato nell’appendice A delle Linee Guida, che riportano le indicazioni distinguendo il numero di campionamenti secondo il tipo di parametro e del volume d’acqua distribuito ogni giorno. Il decreto prevede che i programmi di controllo per le acque destinate al consumo umano debbano:

a. individuare le misure più adeguate a prevenire e tenere sotto controllo i rischi per la salute umana in tutta la filiera idro-potabile e verificare che dette misure siano efficaci nel tempo, e che le acque destinate al consumo umano siano salubri e pulite nel punto in cui i valori devono essere rispettati

b. mettere a disposizione informazioni sulla qualità dell’acqua fornita per il consumo umano al fine di dimostrare che gli obblighi di cui all’articolo 4, nonché i valori parametrici stabiliti conformemente all’articolo 5, siano rispettati

Sempre secondo il decreto i programmi di controllo devono rispondere a una serie di requisiti:

a. vengono elaborati su base pluriennale, o almeno annuale, e sono riesaminati regolarmente e aggiornati o confermati almeno ogni sei anni

b. possono essere modificati o integrati sia per periodi transienti che per l’intera durata della programmazione in ragione di esigenze sito specifiche, in particolar modo correlate a cambiamenti degli scenari di rischi ambientali, climatici e sanitari

Infine, devono includere una delle seguenti misure o una loro combinazione:

a. raccolta e analisi di campioni discreti delle acque

b. misurazioni registrate attraverso un processo di monitoraggio continuo

c. verifica delle registrazioni inerenti la funzionalità e lo stato di manutenzione delle attrezzature

d. ispezioni dell’area di prelievo delle acque, del trattamento, dello stoccaggio e delle infrastrutture di distribuzione, fatte salve le prescrizioni in materia di controllo di cui all’articolo 7, comma 3, lettera c, e all’articolo 9, comma 1. 4.

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Test della legionella

Le sanzioni

Sono obblighi che comportano anche penalizzazioni o, meglio, sanzioni per chi non li rispetta. Il decreto all’articolo specifica le sanzioni amministrative a carico dell’amministratore negligente. Per esempio, se nelle tubazioni condominiali non sono rispettati i parametri nel citato allegato I (parti A e B) è prevista una sanzione a carico dell’amministratore da 5 mila fino a 30 mila euro.

Inoltre, l’inosservanza dell’obbligo di valutazione e gestione del rischio del sistema di fornitura dell’acqua è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria che oscilla tra 4 mila a 24 mila euro.

Ma per tenere sotto controllo tutti i condomini italiani ci sono  abbastanza tecnici? Dato che secondo le stime gli edifici residenziali superano i 12 milioni (dati Istat), di cui buona parte sono condomini.

Non sarà facile trovare tecnici che possano apporre il bollino blu alla salubrità delle acque condominiali. Bisogna aggiungere che am riguardo lo stesso decreto prevede l’obbligo di formazione per idraulici e professionisti del settore che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere curati delle Regioni in coordinamento con il ministero per i gestori dei sistemi idrici interni.

Difficile supporre che sia sufficiente. Gli obblighi agli amministratori, però, rimangono.

di Paolo Caliari

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Autore: Michael

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