La caldaia green diventa bollente
I piani europei per ridurre la dipendenza dai fornitori esteri di gas implicano anche la fine della produzione (non dell’uso) di impianti a condensazione. Novità anche per pompe di calore e condizionatori.
La strada che porta al condominio verde è necessaria, ma è anche lunga, tortuosa e con molti ostacoli da superare. Un edificio sostenibile, che consuma poco o niente, ma che sia anche confortevole, resta l’obiettivo di tutti. Il rischio è che resti un sogno. O che il sogno si trasformi in un incubo.
Uno dei problemi con cui i condomini dovranno confrontarsi nei prossimi anni, per esempio, sono le regole europee, che hanno fissato obiettivi ambiziosi, condivisibili, ma non facili da raggiungere.
Traguardi e strategie che a volte si scontrano con le esigenze, ma anche le pigrizie locali. Ogni Paese ha un differente clima, un modo di costruire gli edifici codificato da secoli e una sua idea di installare gli impianti.
Progettisti e imprese spesso si adeguano alle consuetudini che derivano da secoli di abitudine. Tutto ciò deve, però, cambiare. Il salto tecnologico e l’archiviazione del mindset ostile al cambiamento, ha però anche risvolti concreti e che, diciamola tutta, toccano il portafogli.
Problemi di riscaldamento
Un esempio concreto è la vicenda dell’adeguamento delle caldaie e, più in generale, dei sistemi di riscaldamento degli edifici, una rivoluzione che coinvolgerà progressivamente il mondo del condominio.
Il riscaldamento è un problema serio, visto che il patrimonio immobiliare italiano per il 74,1% è stato realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica e le abitazioni in classe inferiore alla D sono per il 34% G, per il 23,8% F, e per 15,9% E. Su 12,2 milioni di edifici, oltre 9 milioni sono, quindi, fortemente energivori.
E il 36% delle emissioni di gas serra, in effetti, è causato proprio dagli immobili. Una buona fetta di queste emissioni potrebbe essere ridotta, o eliminata, proprio con un impianto di riscaldamento più moderno. Già, ma quale? Qui sta il problema.
La direttiva
Ricapitoliamo: la direttiva europea approvata dal Parlamento di Strasburgo a fine dello scorso anno, quindi non promossa da «cattivi burocrati di Bruxelles» come spesso si legge sui social, ma dai rappresentanti eletti dei 28 Paesi‚ punta a limitare l’inquinamento atmosferico riducendo le emissioni dei riscaldamenti domestici e la dispersione di energia.
Obiettivo: raggiungere l’obiettivo di emissioni zero nel 2050. La direttiva prevede che le abitazioni raggiungano almeno la classe energetica E entro il 2030 e la D entro il 2033, anche se comprende anche una serie di eccezioni che riducono l’impatto immediato del provvedimento.
In sostanza, in Italia tra dieci anni dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere adeguato solo il 15% degli edifici più energivori.
Italia contraria
I Paesi europei, però, si muovono in ordine sparso. La Francia, per esempio, si è portata avanti e ha approvato una legge, nell’agosto 2022, che prevede per le abitazioni più energivore il divieto di aumentare gli affitti e comunque di locarle a partire dal 2025.
In ogni caso, secondo il provvedimento della Ue, nel 2030 tutti gli edifici dovrebbero rientrare in classe. Bisogna aggiungere, inoltre, che le classi energetiche a cui fa riferimento il testo della direttiva europea non sono le stesse usate oggi nei diversi Paesi: la A, per esempio, sulla scala di Bruxelles è riservata agli edifici a zero emissioni, mentre la G continua a interessare le case con le performance peggiori.
Le regole stabilite con la direttiva non sono ancora del tutto operative. Il provvedimento è al momento oggetto di una lunga trattativa chiamata trilogo, più simile a un braccio di ferro con i rappresentanti dei diversi governi europei. Molti dei quali, tra cui quelli italiani, sono contrari al processo di riqualificazione delle case deciso dall’Europa. La trattativa andrà avanti a lungo, ma alcune delle novità, frutto della mediazione, sono già filtrate.
L’obiettivo
Questo quadro di cammino verso il risparmio energetico comprende anche il regolamento europeo, da poco introdotto e chiamato Ecodesign, che prevede il divieto di vendita delle caldaie a gas a partire da settembre del 2029.
L’obiettivo è ridurre la dipendenza da fonti fossili: un problema che la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina ha messo in risalto, data la tossicodipendenza dei Paesi europei dalle forniture di gas dall’estero. Si tratta del piano RepowerEu, varato dalla Commissione con l’obiettivo di rendere i Paesi membri indipendenti dal gas russo.
Fino al 2029, insomma, un condominio potrà acquistare una caldaia a gas e, probabilmente, anche dopo fino a esaurimento di scorte. Ma chi deve rinnovare l’impianto sa che tra cinque anni si troverà una caldaia non più prodotta. Continuerà a funzionare, certo, ma in prospettiva sarà obsoleta. Questa strategia ha gettato nel panico i produttori, ma anche installatori e utenti. E il governo italiano non ha mancato di criticare la decisione.
Anche perché, inizialmente, nelle bozze di revisione del regolamento redatte dalla Commissione compariva una definizione di un limite minimo di efficienza stagionale, da rispettare a partire da settembre del 2029, che per la categoria delle caldaie è pari al 115%.
L’efficienza energetica è data dal rapporto tra fabbisogno di energia termica utile del servizio e il corrispondente fabbisogno di energia primaria totale. In ogni caso è un limite che, nei fatti, rischia di tagliare fuori dal mercato qualsiasi caldaia.
I costi
Non a caso, secondo Bruxelles le pompe di calore diventeranno la soluzione più conveniente in Europa entro il 2030, in tutti i formati (fino a 1 megawatt). Peccato che la stessa Commissione ammetta che gli attuali costi di acquisto e di installazione sono più alti rispetto alle caldaie tradizionali.
Come rimediare? L’idea, non originale, è di consentire ai Paesi della Comunità di attivare forme di sostegno all’acquisto di questi impianti, inclusi strumenti basati sul reddito. Però, naturalmente, un incentivo a cambiare impianto di riscaldamento dipende anche dalla disponibilità delle finanze pubbliche.
Le prospettive
Insomma, una transizione green costosa e incentivata a spese dei bilanci dello Stato. Di fronte alle perplessità di alcuni Paesi, quindi, la Commissione sta pensando ad ammorbidire la decisione.
Come? Per esempio, ammettendo i sistemi ibridi, cioè da caldaia a condensazione più pompa di calore. Ma anche le caldaie certificate per funzionare con altri combustibili rinnovabili come vorrebbe l’Italia (per esempio, il biometano o l’idrogeno). O ammettere la commercializzazione di caldaie in grado di funzionare con gas verdi.
Al momento è tutto da vedere. Intanto, però, arriva un segnale dalla Germania, che ha deciso di revocare il divieto secco di installazione di caldaie a gas a partire dal 2024 che aveva introdotto in precedenza. Lo stop si è rivelato velleitario: troppo complicato a una data così ravvicinata.
Per ora in Germania le caldaie a condensazione restano sul mercato, seppure saranno ora privilegiati i sistemi in grado di funzionare con gas verdi. Inoltre, un sistema di deroghe allungherà di molto il raggiungimento degli obiettivi della legge.
C’è, poi, un altro capitolo, che riguarda le pompe di calore. Sono il sistema che, secondo i nuovi parametri Ue, sarà privilegiato per il riscaldamento dei condomini. Ma anche qui non mancano i nodi, come quello rappresentato dal nuovo regolamento sugli F-gas (gas fluorurati), utilizzati per le pompe di calore.
Su questo punto è già stato trovato un accordo tra governi e Parlamento, quindi dovrebbero arrivare le norme operative. L’obiettivo è la messa al bando totale di ogni consumo di F gas entro il 2050. Questo tipo di gas è considerato nocivo per l’ambiente e non potrà più essere utilizzato.
In vista del traguardo green, il testo prevede una serie di limiti e vincoli. Il limite ha fatto insorgere i produttori di pompe di calore, che considerano tecnicamente un handicap lo stop ai F-gas. E l’Italia è tra i principali produttori di pompe di calore.
Il regolamento, inoltre, prevede anche per i condizionatori d’aria l’obbligo di utilizzare gas sintetici con un Gwp (global warming potential, indice sul contributo potenziale all’effetto serra) massimo di 150 a partire dal 2029.
Dal 2035 le case produttrici dovranno utilizzare solo gas naturali. Per le pompe di calore monoblocco una prima scadenza è fissata al 2027, la seconda al 2032.
Insomma, nuove regole da rispettare per un condominio più green e, aggiungiamo, meno dipendente dalle fonti di energia fossile. Ma il cammino non sarà per nulla cosparso di fiori.
di Giuseppe Rossi