Il mondo cambia, il condominio segue. Lo scenario per il real estate di Oliviero Tronconi
Dalla trasformazione dell’economia al trend demografico, dalla tecnologia alla concentrazione in città sempre più grandi, fino alle nuove frontiere del real estate: lo scenario di Oliviero Tronconi (Politecnico di Milano)
l cambiamento investe anche il mercato immobiliare. Trasformazioni che hanno subìto una accelerazione dopo la pandemia e velocizzano fenomeni che stavano iniziando già a delinearsi qualche anno fa.
Nonostante lo scenario sia profondamente mutevole e in divenire, alcuni trend sembrano ormai definirsi in maniera piuttosto netta e precisa.
A fare il punto sulle nuove tendenze del real estate al convegno organizzato da Anaci Bergamo e Virginia Gambino Editore è stato Oliviero Tronconi, professore ordinario di Tecnologia dell’Architettura al Dipartimento Abc del Politecnico di Milano e presidente di BRaVe m&t management and technology, società spin off dell’ateneo che si occupa di supportare la gestione degli immobili attraverso lo sviluppo di tecniche innovative in grado di aumentare la competitività delle aziende sul mercato.
Terziarizzazione dell’economia
«Può cambiare qualunque governo, può accadere qualsiasi evento, ma questi trend sono destinati ad avanzare in modo inarrestabile. Sono fenomeni strutturali a livello economico-sociale e tecnologico, destinati a permanere nel tempo con effetti determinanti nella costante trasformazione del mercato e dei modelli produttivi», ha esordito Tronconi.
«Il primo fenomeno riguarda la costante terziarizzazione dell’economia di quasi tutti i paesi, in particolare di quelli più avanzati. Fino a pochi decenni fa eravamo un mondo industriale: quello che una volta era rappresentato dalla Falck o dalla Pirelli, oggi è rappresentato dagli ospedali, dalle università, dai grandi hotel, dai centri commerciali.
Questo spostamento verso i servizi è ben testimoniato dalla ripartizione del Pil italiano: l’agricoltura nel nostro Paese vale il 2%, l’industria il 20%, quasi tutto il resto è rappresentato dalle attività terziarie».
Questo fenomeno è mondiale e coinvolge anche le grandi industrie. «Dall’automobile alla robotica, all’energia alle costruzioni, oggi per fare business bisogna avere delle idee e sviluppare dei servizi innovativi, anche perché il costo del lavoro è particolarmente elevato rispetto all’estero
ed è difficile competere su certi tipi di produzione.
Il problema non è più produrre, ma organizzare le attività. Questo per noi italiani, che siamo bravi artigiani, è una novità e in alcuni settori è una capacità non ancora pienamente sviluppata».
Spostamenti nella struttura del consumo
L’incremento nell’aspettativa di vita accoppiato alla stabilità del tasso di fertilità porterà inevitabilmente a un aumento della quota di popolazione sopra i 65 anni, con conseguenze molto interessanti anche sui consumi e la domanda di determinati servizi.
«Secondo uno studio dell’economista Robert Fogel, che ha analizzato il cambiamento dei consumi dal 1875 al 1995, mentre a fine Ottocento il 49% della spesa era destinato al cibo, il 12% ai vestiti, il 13% all’alloggio e solo l’1% alle cure mediche, già solo alla fine degli anni Novanta del secolo scorso la situazione appariva ben di versa, con il 5% dei consumi destinati al cibo e ben il 9% alle spese sanitarie.
Anche il tempo libero, destinato a essere una delle industrie del futuro, era passato dal 18% al 68% della spesa dei consumi. La maggiore elasticità del consumo, definita come l’aumento percentuale nelle spese di un certo bene che si verifica quando il reddito aumenta di un punto percentuale, ha interessato da vicino istruzione, cure mediche e tempo libero.
Sicuramente questi saranno i mercati del futuro e questo avrà un impatto importantissimo anche su come la casa dovrà essere progettata e sui servizi che ruoteranno attorno al settore residenziale», ha commentato il relatore.
Globalizzazione e dimensione d’impresa
Il covid non ha bloccato la globalizzazione, anche se ne ha messo in luce alcune fragilità.
«Nel mondo globale il pesce grande mangia quello piccolo. Solo pensando a tre anni fa in Italia il venture capital, cioè il capitale di rischio orientato all’acquisizione da parte di un fondo di investimento per finanziare un’attività in settori a elevato potenziale di sviluppo, era praticamente inesistente.
Adesso è realtà. Il numero delle acquisizioni in tutti i settori è enorme ed è destinato ad aumentare in maniera estremamente significativa, anche in campo immobiliare.
Considero praticamente inevitabile che anche nel settore delle amministrazioni condominiali fondi stranieri vengano in Italia e facciano shopping per mettere in piedi strutture di una certa dimensione, spuntando prezzi più interessanti, sia a livello energetico che a livello di imprese per lavori e manutenzioni», ha affermato il professore.
Gestione dei dati Oltre alla dimensione, la gestione dei dati e i servizi saranno gli asset attorno a cui si svilupperà il mercato immobiliare del futuro. A testimonianza di questa affermazione, Tronconi ha riportato l’esempio delle General Electric, multinazionale statunitense fondata nel 1892 e tra le prime cento imprese per dimensione e fatturato della classifica di Fortune.
«Nel 2011 General Electric attraverso Gesoftware ha avviato la propria trasformazione da impresa produttrice di beni a organizzazione Industrial Internet, focalizzando la propria attività sulla realizzazione di software per la gestione delle informazioni generate dai milioni di sensori, attuatori e dispositivi vari, prodotti e venduti dall’azienda nel corso degli anni.
Su questa base è stata creata la piattaforma Predix per l’acquisizione di dati al fine di ridurre e prevenire malfunzionamenti e guasti di apparecchiature, impianti, sistemi.
Il software della piattaforma si connette a tutti i dispositivi General Electric installati nel mondo dotati di connessione internet per controllare i parametri di funzionamento e consente di acquisire tutte le informazioni necessarie per fare manutenzioni predittive e ottimizzarne il funzionamento.
In questo modo è possibile costruire delle vere e proprie identità digitali del soggetto consumatore e prevedere comportamenti di consumo», ha spiegato Tronconi, portando a esempio un altro caso emblematico: quello di Google.
Nel corso del 2014 Google ha comprato Nest, società che produce termostati e sistemi di controllo della temperatura di impianti termici. Nest ha studiato e realizzato un software che, installato nei termostati, analizza le informazioni relative l’utilizzazione delle caldaie, le modalità di controllo e i relativi consumi di energia.
Queste informazioni sono vendute alle società che forniscono energia (utility) che possono, su questa base, elaborare modelli che consentono di prevedere i consumi e ottimizzare la fornitura con sensibili vantaggi economici.
«Stiamo passando dalla fase dell’informatizzazione, cioè dell’utilizzo dell’informatica, alla fase di gestione delle informazioni. La gestione dei dati disponibili è ormai considerata una attività strategica, un vero e proprio asset fondamentale per la crescita delle imprese nel mercato del mondo digitale e dell’uomo sempre connesso».
Specializzazione
La produttività si concentra nelle grandi imprese.
«Per misurare la produttività bisogna essere in grado di organizzare le attività, formalizzarle e controllarle. Per lavori su grande scala, se non hai queste competenze non è possibile competere.
Per mettere in piedi una struttura in grado di monitorare le attività e lavorare per obiettivi è necessario investire nel lavoro intellettuale, investire in persone esperte e diventare iperspecializzati, garantendo al contempo diversificazione e interdisciplinarità.
Il tema è proprio quello della prossimità: imprese che lavorano in maniera specializzata all’interno di uno stesso ambiente, di uno stesso contesto geografico, che permettono di sfruttare la specializzazione di ciascuno in maniera sinergica», ha chiarito il relatore.
Rapporto tra città e campagna
Un altro mutamento in atto ormai da tempo è il cambiamento del rapporto tra città e campagna.
«Ancora alla fine degli anni Ottanta, solo il 30% delle persone abitava in città, mentre il 70% risiedeva in campagna.
Oggi a livello mondiale questo dato si è completamente capovolto. In città oggi vive il 70-80% della popolazione, mentre solo il 20-30% vive in campagna.
Ci sono moltissime città con più di 20 milioni di abitanti e questo pone problemi drammatici dal punto di vista urbano e del consumo di suolo», ha chiarito Tronconi.
La competizione mondiale nell’economia globalizzata più che tra le nazioni sarà tra le grandi città e nel frattempo sarà necessario affrontare molti problemi di tipo climatico, gestionale-organizzativo e di risorse.
Costi di gestione
I costi di realizzazione e di gestione di un edificio sono cresciuti significativamente.
«Considerando che il ciclo di vita di un immobile possa essere identificato in 40-50 anni, il costo di progettazione e di gestione operativa lungo un arco cinquantennale è circa di 2,25 volte maggiore del costo di costruzione. I costi di manutenzione sono quasi tre volte superiori il costo di costruzione», ho sottolineato il relatore».
All’estero è già frequente che la società che si è occupata della progettazione rimanga a gestire l’edificio per almeno dieci anni. Quando si investe, non si pensa solo al costo di realizzazione, ma anche ai costi di gestione che sono elevatissimi.
Abbiamo stimato che i costi di gestione nell’arco di 40 anni incidono ogni anno l’8,5% sull’onere di realizzazione di un edificio: ciò vuol dire che nel giro di 13-14 anni la spesa pareggia l’investimento fatto per l’edificazione. È dunque importante riflettere bene sulla progettazione iniziale e fare delle scelte consapevoli a monte».
Crescita esponenziale della finanza
Il risparmio degli italiani sta subendo una lenta ma costante trasformazione, ed è ormai consolidata e in forte crescita l’industria del risparmio gestito.
Oltre ai prodotti tradizionali, molto meno remunerativi del passato, gli italiani oggi investono anche nei fondi di investimento alternativi gestiti dalle Società di Gestione del Risparmio (Sgr) autorizzate e controllate da istituti come Banca d’Italia e Consob.
«Se il risparmio gestito prima era monopolio delle banche, oggi invece la componente fondi è cresciuta notevolmente. Sono 11 milioni 700 mila gli italiani che hanno investito nei fondi e in altri strumenti del risparmio gestito, con un investimento medio di 53 mila euro. Chi ha investito in fondi di diritto straniero ha investito in media 66 mila euro, chi ha investito in fondi di diritto italiano, che sono molti meno, ha investito in media 31 mila euro.
I fondi diventeranno sempre più una potenza e sono sicuramente molto più attrezzati e capaci negli investimenti grazie a una migliore conoscenza del mercato».
Anche l’Unione Europea si è resa conto del fenomeno e ha varato una norma che stimola la nascita degli Eltif, ovvero fondi di investimento a lungo termine, scrivendo a chiare lettere nel Regolamento 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015:
«Il finanziamento a lungo termine costituisce uno strumento fondamentale per incanalare l’economia europea su un percorso di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, in linea con la strategia Europa 2020, di elevata occupazione e competitività, per costruire l’economia del futuro in modo che sia meno esposta ai rischi sistemici e più resiliente.
I fondi di investimento europei a lungo termine (European long-term investment funds, Eltif ), forniscono finanziamenti di lunga durata a progetti infrastrutturali di varia natura, a società non quotate ovvero a piccole e medie imprese (Pmi) quotate che emettono strumenti rappresentativi di equity o strumenti di debito per i quali non esiste un acquirente facilmente identificabile.
Finanziando tali progetti gli Eltif concorrono al finanziamento dell’economia reale dell’Unione e all’attuazione delle sue politiche».