Il meteo pazzo manda in frantumi il tetto
Acquazzoni, piogge prolungate, grandine. Oppure caldo anomalo. Le coperture dei condomini sono messe a dura prova dal cambiamento climatico. Per questo progettisti e imprese ripensano il modo di riqualificare o costruire le superfici.
In estate le raffiche di vento hanno sradicato interi tetti, piogge e grandine hanno distrutto coperture e pannelli fotovoltaici di molti condomini: dal Nord al Centro Italia il meteo impazzito ha fatto emergere nel territorio una serie di criticità che coinvolgono buona parte della filiera delle costruzioni, tra difficoltà di approvvigionamento della materia prima e veri e propri difetti di realizzazione degli edifici.
Con casi, per fortuna rari in immobili recenti, di guaine mal posate o addirittura assenti nonostante fossero a capitolato, come racconta Michele Destro, responsabile Ricerca e Sviluppo e direttore Marketing del gruppo Stabila (laterizi): «Si tratta di sinistri per cui l’eventuale assicurazione potrebbe pagare solamente la parte di rottura sulle tegole e non il danno dovuto a un dolo, perché il lavoro non è stato fatto come previsto da progetto.
Per i condomini più vecchi, invece, il problema è il reperimento degli elementi da sostituire perché ormai fuori mercato oppure per i pannelli fotovoltaici, introvabili in dimensioni e potenza uguali, con il rischio di trovarsi poi con impianti sottodimensionati. Ma in questo contesto è emerso chiaramente che i tetti costruiti in maniera corretta da realtà ben strutturate con materiali certificati, hanno avuto danni minori».
A falda o in piano
Che sia a falda o piano, il tetto è una delle parti del condominio che risente maggiormente degli agenti atmosferici e in questo frangente, può essere in laterizio, cemento o metallo, ma non cambia il ruolo centrale che assume la lattoneria, come cornice che chiude tutto il sistema oppure lo copre del tutto, afferma Francesco Borzumati, direttore commerciale di Europrofil: «L’imprevedibilità delle ultime perturbazioni, mette a dura prova teorie costruttive validissime fino a oggi, meno per il futuro. Bello sarebbe mettere insieme l’esperto del clima, il tecnico che studia il comportamento dei materiali sottoposto alle intemperie e agli sbalzi di temperatura e le persone che, sul campo, costruiscono effettivamente i tetti».
Insomma, una maggiore formazione potrebbe se non scongiurare, ma certamente attenuare eventuali danni. Certo, di fronte a palle di ghiaccio grosse come arance la sfida diventa improba, e nel timore che eventi straordinari possano diventare ordinari produttori e rivenditori devono affrontare nuove sfide per il mercato del sistema tetto.
Un compito enorme
Ma riqualificare tutti i tetti degli edifici italiani, in base alle nuove esigenze di sicurezza dal meteo estremo, e tenendo conto anche con gli standard di isolamento e salubrità, non sarà un’impresa semplice. In base a calcoli approssimativi, che danno un’idea dell’impresa da compiere, in Italia i tetti occupano qualcosa come 2,2 miliardi di metri quadrati di superficie.
E la maggior parte si tratta di tetti di edifici abitativi: 1,5 miliardi di metri quadrati. Di questi, circa 12 milioni di metri quadrati all’anno sono nuovi, mentre tra 60 e 70 milioni medi annui sono quelli rifatti di edifici esistenti, circa il 3%.
Ma quanti di questi sono costruiti o riqualificati tenendo conto del mutamento climatico, con eventi sempre più estremi? Un problema che coinvolge direttamente produttori, ma anche rivenditori di materiali per edilizia, che accanto ai progettisti rivestono un ruolo sempre più di consulenti nelle scelte da compiere. Insomma, il lavoro non mancherà nei prossimi anni.
di Monica Battistoni