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Il condominio sostenibile

Riporto un articolo  a mia firma, pubblicato sul Quotidiano del Condominio del Sole 24 Ore il 23.4.20 (link qui )  sulle lezioni da trarre dal lockdown per vivere il condominio in maniera più sostenibile.

Facciamo un salto temporale e proiettiamoci alla fase 2: si ricomincia. Cosa abbiamo imparato da quasi due mesi di lockdown? Che cosa ci aspettiamo al ritorno nei nostri studi? Sappiamo già che il rientro sarà graduale, che implementeremo nei condomini più “pronti” le prime video assemblee, che cercheremo con cautela di ritornare ad una pseudo normalità, tra gel disinfettanti, guanti, mascherine.Tutto qui? Non riusciamo a vedere oltre?
Ritengo che questa situazione, che ci riporta per tanti versi all’ultimo dopoguerra, debba essere una vera occasione di ripartenza con una marcia in più. Diverse cose, se non altro la “reclusione” e la lontananza, ci hanno paradossalmente avvicinato più di quanto lo fossimo prima. Abbiamo partecipato a moltissimi webinar e live, sicuramente abbiamo avuto più occasioni di fare e ricevere formazione, abbiamo avuto modo di riflettere e gustare un modo nuovo di lavorare. Il lavoro agile ci ha permesso di rimodulare le priorità e di ridefinire i tempi in una modalità più a misura d’uomo.
I condòmini sono stati più discreti, educati e, malgrado la convivenza forzata (tranne alcune eccezioni che confermano la regola) si sono ridotte sensibilmente mail e telefonate pretestuose. Proprietari ed inquilini hanno riscoperto in molti casi la solidarietà e ha fatto capolino, per certi aspetti, il condominio “sostenibile”, anche se, al tempo stesso, ad onor del vero va sottolineato che è aumentato il senso di solitudine per gli anziani e le famiglie con portatori di handicap, tagliati fuori da aiuti ed assistenza se non nei casi più gravi. In una situazione estrema si sono rafforzati comunque valori positivi anche se vi sono ampi margini di miglioramento.
Allora viene da chiedersi: tutto finirà con l’emergenza oppure noi amministratori potremmo trarre una lezione da tutto ciò? In più di un’occasione ho detto che non mi piace parlare di “opportunità” derivante da una crisi come questa. Lo ritengo offensivo per le migliaia di morti che devono comunque essere da monito affinché una simile tragedia non si ripeta. Tuttavia abbiamo almeno il dovere di ripensare al nostro domani, affinchè tutte queste persone, la cui vita è stata spezzata, non siano morte invano. Dobbiamo imparare qualcosa, portare nel cuore una lezione di vita: il condominio può essere il fulcro di valori positivi e lo può essere ancora di più in futuro.
In fin dei conti il condominio è un “micro mondo” che, all’insegna della sostenibilità, rispecchia la necessità di abbattere gli impatti ambientali, economici e sociali su scala locale. Se ogni amministratore di condominio lavorasse per rendere sostenibili i propri condomini, significherebbe contribuire sostanzialmente ad avere un mondo decisamente migliore.
A seconda delle diverse aree, lo sviluppo sostenibile potrebbe declinarsi in varie maniere: da un punto di vista ambientale potrebbe portare ad una riduzione dei consumi, allo sfruttamento di fonti rinnovabili, all’impiego della bioedilizia e di alternative ecologiche quali tetti e pareti verdi, per sfruttare le parti comuni come oasi di benessere, sia come giardini che come orti; da un punto di vista economico una politica gestionale almeno di medio termine potrebbe portare ad un sensibile risparmio, riducendo le manutenzioni in emergenza, favorendo la manutenzione programmata e preventiva; accordi tra condomini della stessa via potrebbero favorire gruppi di acquisto per ottenere sensibili abbattimenti dei costi, nell’approvvigionamento di energia, nelle manutenzioni e nelle manodopera (ad esempio un giardiniere al servizio di tutti i condomini di un intero quartiere).
L’amministratore potrebbe favorire la cultura della solidarietà e della condivisione e senza arrivare all’ evoluto cohousing, potrebbe proporre di sfruttare spazi comuni in maniera intelligente, nell’ottica della sharing economy: come deposito di biciclette condominiali, come officina fai da te per piccole manutenzioni; si potrebbero condividere attrezzi, creare piccole biblioteche condominiali. Si potrebbero ridurre gli sprechi, riciclare e scambiare vestiti, giochi per i bambini, uova e farina, come succedeva una volta tra vicini.
Il miracolo dei flash mob e dei balconi ha dato voce e volto a vicini che prima nemmeno si erano mai visti in faccia: non disperdiamo la parte migliore di noi che è venuta fuori.
Coltiviamo il senso di comunità e di appartenenza, lavoriamo per un mondo migliore.
Uno dei tanti problemi con cui molte famiglie avranno a che fare, ad esempio, sarà quello che gli asili nido non riapriranno tanto presto, forse fino al vaccino (se e quando ci sarà), per evidenti motivi legati alla gestione di bimbi così piccoli.
Si stanno studiando delle alternative per i genitori che lavorano ed una di queste potrebbe essere la creazione di “micro nidi” condominiali dove magari nonne ed anziani del condominio potrebbero, con apposita formazione a distanza ed assistenza di operatori qualificati, occuparsi dei piccoli del condominio.Promuovere cultura ed offrire soluzioni sarebbe la parte più sfidante ed ambiziosa del nostro lavoro, se solo ci fosse data la possibilità di svolgerlo con strumenti, modalità e tempi adeguati.
E qui scatta il vero cambio di paradigma, quello culturale, per favorire un nuovo approccio alla professione che dovrà essere inevitabilmente, ci piaccia o no, quello a cui dovremo puntare in futuro: amministratore come manager, con poteri rapportati ai doveri, punto di riferimento e “faro” del condominio in un’ottica di valorizzazione del patrimonio immobiliare e di riqualificazione della vita degli abitanti, responsabilizzati a loro volta nelle decisioni assunte, nell’interesse comune.
Ovvio che le istituzioni dovranno rendersene conto, perché se è vero che l’essenzialità della figura del professionista poteva venire posta in discussione nel pieno dell’emergenza contagio, sarebbe sciocco non considerare nevralgico e determinante l’amministratore come figura di riferimento di oltre 1,2 milioni di condomini in cui vive quasi il 60% della popolazione italiana.
Solo un legislatore miope non approfitterebbe del “dopo covid” per ridefinire il ruolo, le responsabilità, i poteri e gli strumenti adeguati (video assemblee in primis) per elevare la figura dell’amministratore a manager moderno al passo con le attuali esigenze dei condòmini.
Solo una categoria scriteriata sceglierebbe ancora la polverizzazione a fronte di una seria politica condivisa in grado di farla diventare una vera lobby con la forza di incidere sulle politiche legate al mondo immobiliare e legate al benessere delle famiglie.  Solo una classe dirigente inetta, a partire dalle autorità locali fino ad arrivare al governo centrale, potrebbe non mettere in campo, oggi, politiche di welfare e incentivi ai comportamenti virtuosi. Uniti potremo fare grandi cose. Non sprechiamo l’occasione per ripartire con la giusta consapevolezza.

Daniela Zeba

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Autore: daniela zeba

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