Home automation: così la rivoluzione digitale sta trasformando le case
Qualcuno la definisce ancora domotica, come c’è qualcuno che si ostina a chiamare Sip la Telecom, cellophane la plastica trasparente e réclame un’inserzione pubblicitaria. Insomma, è decisamente retrò. Gli esperti preferiscono, infatti, parlare di home automation. Ma non si tratta più di programmare le tapparelle, ammesso che qualcuno senta il bisogno che le imposte si alzino o abbassino da sole.
Nell’edilizia sta avvenendo quella che è stata la rivoluzione di 15 anni fa per il settore automotive: l’ingresso dell’elettronica. Anche le parti strutturali più legate alla tradizione costruttiva, come le pareti, devono adeguarsi alle nuove esigenze, non fosse altro che per accogliere l’infrastruttura elettronica.
«Stiamo assistendo a una profonda trasformazione», conferma Paul Camuti, ceo di Ingersoll Rand, colosso americano del settore. L’elettronica si sta impadronendo dell’edilizia proprio come ha fatto con l’automobile, dove si è integrata completamente. Oggi non è più concepibile una vettura senza sensori di parcheggio, gps e, prossimamente, connessione a internet con lo stesso sistema operativo dello smartphone (per la cronaca, Bmw e Ferrari hanno già scelto il software di iPhone e iPad, mentre l’ambiente Android di Google salirà sulle vetture di General Motors, Audi e Honda).
Allo stesso modo, domani non esisteranno appartamenti senza sistema di allarme integrato, porta con elettronica a bordo e complementi di arredamento smart, cioè capaci di dialogare tra di loro e con sistema operativo integrato, capace di farli dialogare. Naturalmente, l’infrastruttura dell’edificio deve favorire questa interconnessione tra le cose. Forse ci sarà una classificazione come per l’energia: case electronic friendly di classe A, oppure ostinatamente analogiche di classe G.
Cambieranno anche i ruoli di chi lavora nell’edilizia. Come i venditori di macchine per scrivere e stampanti ad aghi negli anni Ottanta hanno dovuto imparare i fondamentali di informatica per trasformarsi in negozianti di software e pc, così anche i commercianti di materiale edile saranno costretti ad allargare la loro esperienza all’elettronica, naturalmente a quella che sarà installata negli edifici. Non solo: gli architetti devono d’ora in avanti stare attenti a non progettare case che agevolino invece di ostacolare la trasmissione di dati e, ultimi ma non meno importanti, i costruttori saranno spinti a utilizzare materiali adatti a ospitare tanti dispositivi elettronici.
Se pensate che siano le ennesime previsioni fantasiose di chi sogna di vivere come in Blade Runner, vi sbagliate. La prova è quanto ha appena puntato Google per trovarsi al centro del nuovo business. Il gigante dei motori di ricerca ha sborsato 3,2 miliardi di euro (più di quanto il governo italiano ha stanziato per mettere a norma tutte le scuole italiane) per acquistare l’azienda che produce i termostati e rilevatori di fumo Nest Labs. Ovviamente, si tratta di dispositivi molto sofisticati e Google vuole entrare nelle case con la sicurezza che tutti in futuro sappiano parlare la lingua di Android, e non iOs (Apple) o Windows. D’altra parte, Microsoft si è portata avanti e ha messo a punto il suo sistema operativo, HomeOs. I termostati smart di Google si regolano da remoto e confrontano la temperatura esterna con quella interna, mentre il rilevatore di fumo percepisce gli allarmi vocali e i movimenti della mano. Google prevede un termostato che si regola sulla temperatura esterna da solo e posta messaggi al proprietario di casa.
Insomma, la battaglia per la conquista della casa elettronica, che assomiglierà sempre di più a un computer con le pareti di mattoni e infissi è già cominciata: i software già in campo si chiamano Amx LLc, Control4, Crestron, Insteon, Lutron, Vantage. digitale intelligente che fornisce informazioni su misura all’utente. Ancora: il sistema operativo dell’abitazione, grazie alla mappatura digitale (esistono già app gratuite, come RoomScan) potrebbe studiare il layout della casa e delegare le faccende domestiche a un robot. Google ha appena acquistato l’azienda di robotica Boston Dynamics. Il software potrà controllare i consumi di una lavatrice, del televisore e, ancora meglio, della caldaia.
Questo pone un problema successivo: se i consumi sono monitorati da app, quali saranno i rapporti all’interno di un condominio? I televisori di ultima generazione, in ogni caso, sono già collegato a internet da tempo. A proposito: gli oggetti domestici, pareti o infissi potranno parlare. Basterà aggiungere una piccola sim per ottenere con il sistema operativo installato già ora su iPhone o Android, con i relativi servizi vocali, come Siri. Ma questo non è domani, è solo dopodomani.
Riassumendo: l’abitazione con un software che la governi è molto vicina. E non riguarda solo l’impianto elettrico, ma anche arredo e servizi. Il mercato degli elettrodomestici smart è destinato a crescere rapidamente. «Supererà 24 milioni di unità entro il 2017, se si contano dispositivi come la serratura intelligente August Smart Lock o simili, che permettono di aprire la porta con lo smartphone, e senza difficili procedure di installazione», prevedono gli analisti di Abi Research. Gli sviluppi sono in buona parte imprevedibili. Per esempio, si stanno già diffondendo oggetti come la lampadina Hue di Philips: si connette al bridge wireless Hue e si controlla dall’iPhone o dall’iPad da qualsiasi parte del mondo, purché ci sia internet. Un unico sistema può supportare fino a 50 lampadine Hue e allo stesso tempo garantire un risparmio,energetico dell’80% rispetto alle lampadine tradizionali. Un gioco? Macché: è un bel risparmio per ambienti pubblici o aziendali.
Il frigorifero T9000 della Samsung, invece, utilizza 13 sensori interni ed esterni per monitorare le condizioni e regolare le impostazioni in base a una serie di fattori. Per esempio, quando la porta è aperta frequentemente durante un giorno caldo, il sistema accelera il compressore per mantenere l’interno freddo e il cibo fresco. Ci sono, poi, i sistemi di controllo dell’automazione che consentono di gestire e regolare i dispositivi da remoto. Aziende come Adt o Comcast offrono già applicazioni di questo tipo (Adt Pulse, per esempio, è l’app presentata all’ultimo Ces di Las Vegas, che può controllare luci, termostati, serrature e piccoli elettrodomestici). In Italia i principali player sono Btcino, Vimar, Giwess e Somfy, che ha di recente presentato il sistema di automatizzazione domestica TaHoma. «La diffusione di smartphone e tablet aiuterà la gente a utilizzare questi dispositivi anche per controllare e programmare le attività nella loro casa», prevede Roberto Mezzalira, ceo di Somfy.
La situazione, però, presenta anche delle complicazioni. Come all’inizio dell’era informatica, molte aziende si presentano sul mercato con un software proprietario, che non dialoga con gli altri. E si rischia una guerra tecnologica tra le mura di casa o ufficio: una babele di linguaggi digitali. Per evitare il caos, quattro colossi come Abb, Bosh, Cisco e Lg si sono uniti per definire una piattaforma software aperta. Anche in Italia qualcosa si muove: «Se non facciamo niente, tra un po’ arriva Google e impone gli standard che gli fanno comodo», ha commentato Andrea Merloni, presidente del consorzio di imprese Home Lab (Ariston Thermo, Btcino, Gruppo Elica, Indesit Company, Loccioni, MR&D Institute, Spes, Teuco Guzzini), presentando Open Web Net, un linguaggio informatico che consente a un primo gruppo di prodotti made in Italy di dialogare tra loro.
Già ora un gruppo di prodotti potrà scambiarsi informazioni (secondo codici scritti sul microprocessore). Dal frigorifero al forno, dal piano cottura alla cappa, dalla
lavabiancheria all’illuminazione, dal riscaldamento alla mini-piscina in casa, fino ai sistemi di videosorveglianza: tutti adotteranno il nuovo linguaggio informatico e potranno inviare e ricevere informazioni tra loro. Il prossimo passo sarà lo sviluppo delle applicazioni per farli dialogare con smartphone e tablet. Open Web Net è aperto a tutti gli sviluppatori (open source): qualunque impresa italiana, produttrice di beni o servizi per la casa, può scaricarlo, implementarlo e adattarlo ai suoi prodotti.
E, come è avvenuto per gli ormai obsoleti telefonini, in un futuro vicinissimo anche una caldaia domestica sarà in grado di offrire servizi diversi grazie al cosiddetto internet delle cose (Internet of Things, o Tot): «C’è una visione in cui gli oggetti hanno l’accesso a internet e lo fanno con la stessa valenza delle persone. Oggi siamo all’inizio del percorso, ma un domani i servizi offerti saranno molto più numerosi», assicurano Giovanni Miragliotta e Angela Tumino, responsabili di una ricerca condotta dal Politecnico di Milano. Conclusione: la casa assomiglierà sempre di più a un computer. E i rivenditori si preparino a vendere anche app.
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