Gli immobili come capitale: asset, property e facility management
Il settore del real estate si è evoluto: da semplice gestione conservativa del patrimonio a necessaria valorizzazione dell’investimento sotto forma di mattoni e tetto. E per gli operatori si affacciano specializzazioni diverse.
Asset, property e facility management: sono le tre aree di attività più importanti del real estate. In sintesi, rappresentano l’ambito dello sviluppo strategico del patrimonio, la gestione amministrativa e tecnica, e quella degli spazi fisici di lavoro e dei servizi necessari a supportare le attività che vi si svolgono.
«Il real estate è un mercato abbastanza giovane per l’Italia, che ha cominciato a svilupparsi a metà degli anni Novanta proprio a seguito della norma che ha introdotto i fondi attirando gli investitori stranieri», ha introdotto il tema il docente del Politecnico di Milano Oliviero Tronconi, nel corso del convegno Il futuro è immobiliare organizzato dall’Anaci a Bergamo.
«Un fondo è istituito e gestito da una Sgr, società di gestione del risparmio, che vende quote ai sottoscrittori e investe in immobili. La struttura in sé è semplice, la gestione invece è complicata. Essendo una struttura di natura finanziaria deve rispondere a tutta una serie di criteri: compliance, rispetto delle norme antiriciclaggio, risk management. C’è una montagna di burocrazia che fa sì che le Sgr oggi siano meno redditive di quanto potrebbero essere, ma in questo momento rappresentano il promotore giusto per realizzare investimenti di una certa dimensione, gli unici che possono rigenerare il tessuto urbano».
Centralità di gestione
Si è passati dalla centralità della costruzione alla centralità della gestione.
«Il motivo sono i costi», ha spiegato Tronconi. «I costi e il risultato della gestione fanno la differenza. Per questo chi investe realizza un progetto, avanzando tutte le ipotesi per vedere come ogni attività potrebbe incidere sulla struttura del finanziamento.
Le Sgr non sono avventuriste, ma sono estremamente avvedute, perché nel settore immobiliare non è ammesso l’errore.
L’etica e la reputation sono fondamentali: basta un investimento sbagliato per essere fuori».
La fase di gestione immobiliare ha assunto così un’importanza sempre maggiore. «Anche senza arrivare alla dismissione finale dell’edificio e alla riqualificazione del terreno o dell’immobile, le organizzazioni non si fermano mai, soprattutto nel settore uffici, continuando a rimodulare spazi e servizi.
In questa logica sono molto importanti le attività di post occupancy evaluation, che sono diventate ormai professionalizzate».
Secondo la definizione dell’Enea, ci si riferisce a queste attività come a «un processo di valutazione sistematico che valuta il rendimento degli edifici dopo la loro costruzione e dopo che essi siano stati abitati per un periodo di tempo.
Questa valutazione post occupazione differisce da altri tipi di analisi di prestazione degli edifici per il fatto che si concentra sulle richieste dei suoi occupanti, incluse la salute, la sicurezza, la tranquillità, la funzionalità, l’efficienza, il benessere psicologico, la qualità estetica e la soddisfazione».
Il peso dei servizi
«Lo sviluppo e le attività immobiliari pesano molto più dell’attività costruttiva», ha confermato il professore.
«Questo fenomeno è espressione della terziarizzazione del settore delle costruzioni. Ormai il settore immobiliare in Italia vale complessivamente circa il 15% del Pil, mentre il settore delle costruzioni il 4,2%, con un fatturato totale di 41 mila milioni di euro e un fatturato medio procapite di 134 mila euro, ancora abbastanza basso rispetto alla Germania, che viaggia sui 270 mila euro».
Le attività immobiliari raggruppano un sottoinsieme di diverse discipline: asset, property, facility, project management, agency, advisory.
«L’asset management è l’attività strategica che decide dove investire e dove sviluppare un progetto immobiliare. Il property management riguarda, invece, il presidio della redditività, mentre il facility comprende tutti i servizi necessari per far funzionare l’edificio, che tendono sempre più alla differenziazione e specializzazione.
Un project manager si occupa, invece, della organizzazione, scomponendo attività complesse in pacchetti di attività più semplici da gestire e risolvere. L’agency management inerisce le attività di consulenza sulle compravendite e, infine, c’è l’advisory, ovvero la consulenza finanziaria e la valutazione dei processi».
Massimizzazione della redditività corrente
In tutto questo insieme di attività l’obiettivo principale resta la massimizzazione della redditività corrente, che implica alla base un ruolo proattivo.
«La redditività somma il valore dell’immobile con quello del conduttore», ha illustrato il relatore.
«Con il covid gli edifici si sono svuotati, molte attività si sono fermate e c’è stata un’attività di rinegoziazione dei contratti di locazione al ribasso. Adesso prepariamoci a dei rialzi. La stella polare di un property manager è fare in modo che la redditività dell’immobile sia sempre al tasso giusto rispetto all’andamento dei valori patrimoniali, oltre a coordinare attività tecniche, amministrative, tecnico-manutentive e controllare ricavi e spese».
Quella della valorizzazione è un’attività complessa che implica un’ampia conoscenza del mercato, degli strumenti urbanistici, della dimensione tecnologica e architettonica e delle strategie di portafoglio.
Tutto ciò comporta una visione strategica della redditività, specialmente per gli edifici pluritenant, cioè con diversi conduttori.
«Quando hai una pluralità di conduttori nello stesso edificio, riportare tutto a unità diventa molto difficile. Per questo bisogna muoversi con standard definiti e scegliere bene il tipo di clientela verso cui ci si dirige», ha commentato Tronconi.
«Il property è un’attività difficile tant’è che i grandi investitori hanno scelto di gestirla internamente».
Avere una visione strategica della redditività presuppone la rinegoziazione dei contratti di locazione esistenti per allinearli al valore di mercato, liberare gli spazi occupati da contratti di locazione inferiori al valore di mercato e offrire locazioni diverse, cogliere le opportunità insite nello sviluppo e nelle trasformazioni organizzative dei locatari, conoscere le problematiche in termini di spazi dei locatari ponendosi come partner capace di recepirne e risolverne problemi ed esigenze.
Property di qualità
«Se resti fermo con gli immobili nel tempo sei morto», ha chiosato il professore.
«Il property manager di qualità è in grado di anticipare i problemi e trovare delle soluzioni, minmizzando i tempi di reazione. Quindi, mappa i cantieri in atto in una determinata zona, conosce i prezzi di vendita, sa quanti edifici sono stati ultimati negli ultimi anni e i prezzi, avvia iniziative promozionali innovative, dota la palazzina di arredamento e tecnologie del futuro, prevede spazi comuni e servizi per differenziare l’offerta rispetto ai concorrenti, prevede attività di comunicazione e marketing, prevede e governa il vacancy risk».
Quindi, a differenza del settore delle costruzioni che si basa su un processo di tipo industriale in cui le finalità sono puramente tecniche, il real estate si basa su un processo consulenziale a elevato valore aggiunto, in cui le finalità sono più di tipo economico.
«È un’attività che presuppone conoscenze multidisciplinari che coniugano discipline tecniche, economiche, urbanistiche, architettoniche, di servizio».