È possibile l’installazione di un ascensore in un edificio storico?
Il caso dell’installazione di un ascensore in un condominio d’epoca a Torino (bocciato dal Tribunale) mette in luce i paletti regolatori per un servizio in completa sicurezza.
Spese per l’ascensore condominiale
L’ascensore è una parte comune dell’edificio (articolo 1117 del Codice Civile). Le spese necessarie per la sua conservazione e il suo godimento sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione come prevede l’articolo 1123, comma I, del Codice Civile.
Il successivo articolo 1124 del Codice Civile ha sancito formalmente l’equiparazione dell’ascensore alle scale, disponendo che entrambi sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono.
La spesa relativa è ripartita, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. Il che vale, in linea di massima, per le spese di manutenzione sia ordinaria che straordinaria, a meno che un regolamento condominiale contrattuale non disponga diversamente.
Manutenzione ascensore
L’ascensore può essere oggetto di adeguamento secondo le innovazioni del tempo in materia di sicurezza o legislativa e in materia tecnica (risparmio energetico).
Si segnalano, fra le tante le leggi speciali oltre alle norme comunitarie il Dpr 30 aprile 1999, 162 sulla manutenzione degli ascensori e sulle relative verifiche, certificazione Ce e tenuta del libretto d’impianto; il Dpr 12 gennaio 1998, 37 sul certificato di prevenzione incendi e manutenzione degli impianti; ed il relativo Dm Interno 16 maggio 1987, n. 246 e Dm Interno 1 febbraio 1986: con le corrispondenti norme tecniche; la decisone 1646 2023 Ue sui riferimenti delle norme armonizzate per gli ascensori e i componenti di sicurezza per ascensori redatte a sostegno della Direttiva 2014/33/Ue.
Va osservato, con particolare riferimento alle attività di manutenzione straordinaria, che dal combinato disposto di cui agli articoli 1130 e 1135 del Codice Civile si evince che l’amministratore può ordinare l’esecuzione dei lavori urgenti senza dover essere autorizzato dall’assemblea dovendo solo riferire nella prima assemblea utile.
Da quanto esposto e dall’esame della normativa di riferimento deriva che l’amministratore, tenuto alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti e delle parti comuni, è certamente responsabile in caso di incidenti conseguenti all’omessa manutenzione degli stessi salvo che dimostri il caso fortuito, ossia che l’evento si è verificato per forza maggiore, ovvero per cause esterne tali da dimostrare l’inidoneità della cosa in custodia a provocare il danno (Cassazione 30 ottobre 2008, n. 26051; Cassazione 18 dicembre 2009, n. 26751) o che abbia fatto tutto quello che doveva perché non avvenisse.
Vale ancora soggiungere che la qualità di custode delle cose comuni è stata riconosciuta non solo in capo al condominio, ma anche in capo all’amministratore (Cassazione n. 25251/2008) che, come mandatario ex articoli 1130 e 1135 del Codice Civile, ha precisi obblighi in materia di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Si tratta di vere e proprie innovazioni (in senso tecnico-giuridico compresi gli ascensori), a proposito delle nuove opere che immutano o la sostanza della cosa, così da trasformarla nella propria consistenza materiale, oppure modificano la destinazione originaria, de facto o de iure, così da poterla utilizzare per fini diversi da quelli precedenti.
Perciò, è lecito per la maggioranza qualificata dei partecipanti realizzarla nell’interesse di tutti, ma soltanto dietro apposita deliberazione dall’assemblea con i quorum dei quali all’articolo 1120, comma primo (per le innovazioni ammesse od ordinarie) o all’articolo 1120 secondo del Codice Civile (per le innovazioni cosiddette agevolate; o diversamente per effetto dell’articolo 10 della legge 120/20, comma 3, il cosiddetto decreto Semplificazioni, e articolo 2 della legge 13/1989), e con i limiti (sanzionati a pena di nullità della deliberazione che non li rispetti e, ovviamente, assoluti, quanto a stabilità e sicurezza, incolumità delle persone, integrità dei beni ed efficienza dei servizi comuni, costituito dai comportamenti umani incauti o addirittura dolosi e dagli agenti nocivi naturali del fabbricato).
Ascensore in condominio storico
È nulla, pertanto, la delibera condominiale di installazione dell’ascensore qualora violi le norme di sicurezza e stabilità dell’edificio, poiché ritenuta innovazione vietata. Sovente nei condomini si pone il problema dell’installazione ex novo di un ascensore in palazzi o edifici sprovvisti, molte volte edificati ai primi del Novecento o successivamente, ma comunque in situazioni di ristrettezza degli spazi e senza che l’ascensore fosse originariamente previsto nei progetti edificativi dell’immobile.
Il caso a Torino
Tale è il caso di un palazzo dei primi del Novecento a Torino, in stile Liberty, dove una condomina ha impugnato la delibera assembleare relativa all’approvazione dell’installazione dell’ascensore per i seguenti motivi:
a) l’ascensore non conforme alla normativa riguardante l’abbattimento delle barriere architettoniche;
b) intervento pregiudizievole per la sicurezza del fabbricato (in ragione della dimensione ristretta delle future scale) e per la sua stabilità (probabile indebolimento strutturale conseguente al taglio dei gradini delle scale, in assenza di previsione di eventuali interventi per ripristinare e/o garantire la stabilità all’interno del progetto approvato);
c) l’intervento avrebbe determinato un’intollerabile compromissione dell’uso e del godimento della cosa comune da parte dei condomini quale conseguenza del ridimensionamento delle scale;
d) avrebbe avuto un impatto estetico devastante, con «compromissione dell’eleganza dello stabile e quindi del valore economico dei singoli alloggi» (Tribunale di Torino sentenza 3393/2016 – Tribunale di Milano 20 luglio 2021, n. 6312).
In particolare, il Tribunale di Torino, nella valutazione dei motivi di impugnazione, li riteneva conformi all’articolo 1120, ultimo comma del Codice Civile, nella parte in cui vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio (nel caso di specie le scale), inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino, ovvero che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato.
Il riferimento ai limiti stabiliti dalla norma richiamata appariva pertinente, atteso che:
a) secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione, l’installazione di un ascensore in un edificio in condominio che ne sia sprovvisto costituisce, ai sensi dell’articolo 1120, comma 1, del Codice Civile, un’innovazione (Cassazione n. 20902 del 08/10/2010; Cassazione n. 9033 del 04/07/2001; Cassazione n. 1529 del 11/2/2000);
b) anche nel caso in cui l’innovazione sia diretta a eliminare le barriere architettoniche, ai sensi dell’articolo 2, comma 3 legge n. 13/89 resta fermo quanto disposto dall’articolo 1120 del Codice Civile nella parte sopra richiamata;
c) nel caso di specie, si osserva incidentalmente, il condominio convenuto ha comunque espressamente affermato che l’aspetto relativo all’eliminazione delle barriere architettoniche non è inerente all’oggetto di causa.
Nello svolgere l’accertamento de quo, pertanto, doveva essere inevitabilmente effettuato un confronto tra le condizioni e modalità di fruizione del bene comune in quanto nell’articolo 1120, ultimo comma del Codice Civile è integrata solo nel caso in cui l’innovazione produca una sensibile menomazione dell’utilità che il condomino precedentemente ricavava dal bene (Cassazione n. 20639/2005) anteriore e successive all’innovazione.
Nel caso di specie, appariva rilevante che con la realizzazione dell’ascensore e il ripristino del corrimano, la luce libera di passaggio sarebbe invece stata ridotta a soli 83 centimetri, risultando così impedito il passaggio contemporaneo di due persone. Infatti, la presenza dell’ascensore non evitava l’utilizzo delle scale, visto che l’ascensore può subire guasti.
Non solo, la drastica riduzione della larghezza delle scale rendeva impossibile il trasporto di un malato o di un ferito su barella (esclusa, pacificamente, la possibilità di utilizzo a tale fine dell’ascensore), se non con manovre potenzialmente rischiose per la salute del trasportato.
La Cti aveva appurato che «non sarebbe più possibile fare passare la barella sopra il mancorrente a causa dell’ingombro del castelletto; per fare passare la barella occorrerebbe inclinarla notevolmente (…), di circa 40 gradi sull’asse del beccheggio o su quello del rollio». Il Tribunale, pertanto, ha ritenuto che i cambiamenti influissero in modo rilevante sulla naturale fruibilità delle scale.
Come per l’uso delle scale in situazioni di emergenza, in quanto la funzione naturale è consentire l’accesso e il recesso da ogni unità immobiliare per tutte le necessità di vita dei suoi occupanti, tra cui non può essere esclusa quella di ricorrere ad interventi sanitari d’urgenza e di poter accedere tempestivamente alle cure mediche anche in caso di impossibilità di deambulazione, non potendo gli incidenti domestici o i malori, soprattutto in caso di persone anziane, essere considerati eventi eccezionali.
Al Tribunale la Cti aveva evidenziato:
1) che la cabina aveva dimensioni interne di 90 centimetri di profondità, 68 di larghezza e accesso con luce netta di soli 60 centimetri;
2) che per raggiungere l’ascensore sarebbe comunque necessario percorrere una breve rampa di scale e che l’apertura delle porte di piano sarebbe manuale e non automatica.
In ultimo, sotto il profilo della sicurezza, la larghezza delle scale rispettava quella minima prescritta per gli edifici della sua tipologia dalla normativa antincendio; mentre con l’installazione dell’ascensore avrebbero avuto un’ampiezza inferiore di ben 22-25 centimetri. Pertanto, a prescindere dalla possibilità di ottenere il nulla osta dei Vigili del Fuoco, l’adeguato deflusso per il caso di evacuazione ne risultava pregiudicato.
Sempre sotto il profilo della sicurezza va ancora evidenziato che, secondo il Cti, con il taglio delle scale le «vibrazioni prodotte dal taglio, potrebbero aggravare eventuali fessure o cricche già presenti nelle lastre lapidee oppure punti di debolezza della muratura nel punto di incastro». L’intervento deliberato dall’assemblea aveva gli estremi di una innovazione vietata.
Innovazioni condizionate
Nel caso in cui l’ascensore sia stato installato dopo la costruzione dell’edificio, alla spesa possono partecipare soltanto alcuni proprietari. Il che è possibile, in quanto l’installazione rientra fra le innovazioni voluttuarie e gravose e/o agevolate, per le quali è previsto il godimento separato del bene, a cui solitamente si può accedere attraverso una chiave fornita a chi ha finanziato il costo dell’opera.
L’articolo 1121, comma 3, del Codice Civile prevede comunque che i condòmini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.
Più complesso è valutare chi sia tenuto a contribuire alle spese per l’adeguamento dell’impianto alle norme europee (En 81-21:2022; En 81-28:2022; En 81-58:2022; En 81-70:2021+A1:2022; En 81-77:2022).
Sulla questione esistono due orientamenti. Il primo considera l’adeguamento al pari della manutenzione e, di conseguenza, per la suddivisione dei costi applica il doppio criterio dettato dall’articolo 1124 del Codice Civile (millesimi e altezza piano).
Per il secondo orientamento, invece, le opere di adeguamento non hanno nulla ha a che fare con l’utilizzo dell’impianto e sono paragonabili all’installazione di un nuovo ascensore: dunque, per questo motivo la spesa, a norma dell’articolo 1123, comma I, andrebbe ripartita in proporzione ai millesimi di ciascun proprietario, e tutti gli altri condòmini non sarebbero tenuti a pagare alcunché.
Questo principio non varia neanche nel caso in cui l’ascensore sia sprovvisto della serratura e della chiave e quindi, potenzialmente, l’utilizzo sia consentito a chiunque, condòmini ed estranei.
Il costo per installare la serratura con la chiave, al pari dell’installazione, è a carico dei condòmini proprietari, che pagano in base ai millesimi in loro possesso o apposita tabella. Un’ultima considerazione riguarda la natura dell’intervento.
Alla stregua di quanto affermato dall’amministratore, nella specie le opere di adeguamento alle normative europee (En 81-21:2022; En 81-28:2022; En 81-58:2022; En 81-70:2021+A1:2022; En 81-77:2022), pur contribuendo a garantire maggiore sicurezza, non sono imposte per tutti gli impianti, ma solo per gli ascensori e montacarichi datati, ossia costruiti prima dell’entrata in vigore del Dpr 162/1999.
In sostanza, solamente gli ascensori installati dopo il luglio del 1999 devono possedere determinati requisiti (tra cui l’allineamento obbligatorio al piano, l’illuminazione d’emergenza in cabina, l’installazione di dispositivi di comunicazioni bidirezionali collegati a una centrale di soccorso), mentre i più vecchi non sono coinvolti, salvo che per gli interventi di controllo e manutenzione periodica.
di Luca Bridi