Cassazione: il sottotetto praticabile è spazio condominiale
La II sezione della Suprema Corte ha chiarito l’annosa questione dei sottotetti non accatastati e non compresi né negli atti d’acquisto dei proprietari dell’ultimo piano, né nel regolamento di condominio tra le parti comuni precisando che “ai sensi dell’art. 1117 n. 1 c.c., in mancanza di titolo, il sottotetto è compreso nelle parti comuni solo nel caso in cui il vano risulti oggettivamente destinato sia pure in via potenziale all’uso comune oppure all’esercizio di servizio di interesse condominiale (così ex mulfis Cass. 29/01/2014 n. 1953; 19/2/2013 n. 4083; Cass. 30/3/2016 n. 6143, che ha ribadito che l’appartenenza del sottotetto si determina in base al titolo e in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto, e che il sottotetto è da considerare pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano, allorché assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo, dall’umidità, fungendo da camera d’aria isolante, mentre quando, invece, il sottotetto abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, in tal caso la sa appartenenza va determinata in base al titolo).
Infatti, con la sentenza 10869 pubblicata il 25 maggio 2016, la Cassazione ha rigettato il ricorso dei un condomino contro la sentenza della Corte d’Appello di Firenze che lo condannava al rilasci ed al ripristino di parte del vano sottotetto che aveva annesso al proprio appartamento, attraverso foro praticato nel solaio e relativa scala a chiocciola, separandolo da altra parte dello stesso sottotetto, che ha accesso dal vano scale attraverso porta alta due metri e che contiene impianti condominiali.