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Casa intelligente: vantaggi e ostacoli della digitalizzazione

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Casa intelligente

Aumenta il numero di italiani che installa nella propria abitazione dispositivi digitali trasformandola in una casa intelligente o smart home. Il nuovo sistema Matter facilita la compatibilità e la diffusione delle funzionalità. Ma spesso il modo di utilizzo non risulta immediato.

Il condominio è sempre meno analogico e più digitale. A partire dalle valvole termostatiche negli appartamenti, fino al software utilizzato dall’amministratore condominiale.

La rivoluzione è profonda e coinvolge anche l’utenza domestica. Sempre più abitazioni introducono sistemi di controllo digitale e di automazione. È quella che, con una parola un po’ fuori moda, è definita domotica.

Recentemente un’analisi di Market Research Future a livello globale ha previsto che le dimensioni del mercato della home automation raggiungano gli 85 miliardi di dollari nel 2027, con un tasso di crescita annuale del 13,40%. Una crescita garantita, secondo gli analisti del centro di ricerca, da diversi driver.

A partire dalla diffusione di veicoli a trazione elettrica intelligente, che saranno sempre più caricati in maniera smart utilizzando la presa elettrica domestica o condominiale.

Gli sforzi compiuti dai governi per ridurre i tassi di emissione offrendo incentivi ai proprietari di veicoli elettrici, infatti, possono favorire la diffusione di auto elettriche, che diventeranno di fatto estensioni dell’ambiente domestico, non solo nel caso di abitazione in un edificio autonomo. L’auto può dialogare con il termostato di casa per alzare la temperatura durante il tragitto verso casa e con il portone del garage, per esempio.

Sfida globale

D’altra parte, in campo per trasformare la casa in una smart home sono i più grandi gruppi dell’impiantistica. La ricerca cita quelli che, secondo Market Research Future, sono i player maggiori: Samsung, Honeywell, Schneider Electric, Siemens, Abb, Crestron Electronics, United Technologies, Legrand, Acuity Brands, Johnson Controls.

Tra i gli aspetti trainanti per la home automation la ricerca ci sono, invece, l’automazione dei sistemi di raffreddamento e riscaldamento per fornire maggiore comodità e comfort ai proprietari di casa.

I prodotti offerti in bundle dai produttori, che funzionano in una piattaforma connessa comune, sono il punto di forza, che infatti è perseguito dagli sviluppatori per spingere le vendite di sistemi di automazione.

Anche i progressi nei sistemi di illuminazione concorreranno a far crescere il mercato. Un altro driver è costituito dall’accesso alla rete ad alta velocità, che in alcune aree ha portato a una forte domanda di soluzioni automatizzate.

Gli ostacoli della casa intelligente

Sono i costi iniziali di installazione, però, i fattori che possono ostacolare la crescita del mercato della domotica. Così come l’uso di software complicato, per regolare dispositivi e sorgenti luminose possono scoraggiare i potenziali clienti.

Tuttavia, l’abbassamento dei prezzi e il risparmio energetico possono rivelarsi gli argomenti adatti per convincere i perplessi. Secondo i dati dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, il 46% degli italiani possiede almeno un dispositivo connesso alla rete. E l’associazione Altroconsumo ha cercato di rispondere alle domande con un’indagine che ha coinvolto 1.817 persone.

Risultato: nel 72% delle case c’è un televisore smart, che risulta così il dispositivo più diffuso. Ma, forse a sorpresa, si fanno largo anche gli assistenti vocali come Amazon Alexa, Google Home, Siri (Apple) in grado di comandare gli oggetti domestici tramite la rete wi-fi con il 29%.

Molto presenti anche stampanti (23% ) e lampadine smart (20%) e gli elettrodomestici connessi tra cui, lavatrice (17%), frigorifero (13%) e lavastoviglie (10%).

Attenzione, però: questi ultimi non trovano un grande riscontro di utilità, perlomeno nelle loro funzioni smart. Al contrario, il 72% degli italiani rappresentati nell’indagine considera molto utile la funzione intelligente per controllare gli ambienti interni all’abitazione tramite le telecamere di sicurezza, così come gli assistenti vocali, lampadine e termostato smart, per gestire da remoto illuminazione e riscaldamento.

Smartphone

Problemi di interfaccia

Sarebbe sbagliato, però, considerare l’introduzione della tecnologia al servizio dell’abitazione come una strada lastricata di fiori. Al contrario, con onestà la ricerca mette in luce anche i problemi.

Per esempio, un terzo delle persone segnala di aver avuto almeno un problema con i dispositivi smart, in particolare con televisori, stampanti e asciugatrici.

A rendere la vita difficile è l’interfaccia delle app utilizzate per impartire i comandi elettronici: il 43% di chi le ha utilizzate riferisce di aver avuto problemi.

Anche la connessione wi-fi riserva trappole per chi non è un tecnico digitale (36%). Un altro ostacolo è costituito dagli aggiornamenti software (30%), che invece di migliorare il funzionamento lo rendono più difficile o addirittura impossibile.

Ed è per questo che diverse aziende, come Samsung, Amazon, Google e Apple hanno costituito il consorzio Matter (vedi box), che ha stabilito uno standard per rendere i dispositivi smart certificati compatibili tra di loro.

In aumento il trend della casa intelligente

In ogni caso, il trend dell’automazione domestica è in crescita. Lo testimonia un’altra indagine, secondo cui il 72% degli italiani acquista oggetti o dispositivi per la casa perché trova molto utile la loro funzione smart, su tutte quella di poter controllare gli ambienti interni all’abitazione tramite le telecamere di sicurezza.

Il sondaggio condotto da Altroconsumo ha coinvolto 1.817 cittadini: a loro è stato chiesto se avessero in casa almeno un oggetto con funzionalità intelligente (esclusi smartphone e tablet).

Oltre a quella delle telecamere di sicurezza, le funzionalità avanzate più richieste riguardano gli assistenti vocali (come Alexa, Google Smart Home, Apple HomePod), ma anche lampadine e termostato smart, che riescono a gestire da remoto illuminazione e riscaldamento.

Secondo la ricerca, inoltre, le abitazioni degli italiani utilizzano sempre di più l’Internet delle cose, cioè oggetti interconnessi, che sono alla base della domotica.

Software comune mezzo gaudio

Che tipo di casa hai: Windows o Mac? Android o iOs? La situazione della home automation è stata finora più o meno, anzi peggio, di così. È come agli albori della informatizzazione, negli anni Ottanta, quando proliferavano computer con un sistema operativo proprietario.

Se non siete troppo giovani lo potete ricordare: accanto agli «Ibm compatibile» (cioè Ms-Dos) e ai primi Mac, poi c’erano i personal computer Sinclair, Commodore, eccetera. Ognuno correva per sé, con programmi software non compatibili tra di loro.

L’inizio della home automation è stato così, ma l’esperienza insegna e molte aziende si sono rese conto che l’interesse comune è quello di trovare una base per consentire ai dispositivi di dialogare tra di loro.

È uno degli obiettivi dello standard universale Matter, studiato per la casa smart, che è stato approvato dal consorzio che l’ha promosso e sta gradualmente prendendo piede.

La Connectivity Standards Alliance si è impegnata a finalizzare e ottimizzare il kit di sviluppo software che i costruttori di accessori e dispositivi per la casa smart useranno per integrare i propri prodotti nell’ecosistema Matter.

In sostanza, i dispositivi che usano questo software sono compatibili tra loro, anche se sono stati prodotti da aziende diverse: un ostacolo in meno alla digitalizzazione della propria abitazione.

La sicurezza al primo posto

Uno degli aspetti che più spingono gli italiani a digitalizzare la propria dimora è la ricerca di maggiore sicurezza. Sono sempre di più le famiglie italiane che installano in casa una o più videocamere di sorveglianza.

Tenere d’occhio il proprio appartamento mentre si è lontani, pronti a dare l’allarme automaticamente se un ladro si avventura tra le pareti domestiche, è un’esigenza molto sentita. Inoltre, il costo di questo elemento ormai essenziale in un ambito domotico è alla portata di tutti.

Quindi, perché non installare una videocamera di sorveglianza? Il problema è che molto spesso l’applicazione di questi dispositivi non è effettuata correttamente. E, addirittura, un congegno elettronico di questo tipo potrebbe essere utilizzato contro gli stessi proprietari. Insomma, automatizzare va bene, ma con giudizio.

Attenti alla connessione

La software house Karspersky, per esempio, ha messo nero su bianco alcune indicazioni per chi vuole installare le videocamere. Per esempio, è necessario proteggersi dalle interruzioni di corrente o delle comunicazioni.

Perché le videocamere di sicurezza sono tipicamente connesse via wi-fi. Ma se la connessione non funziona il dispositivo diventa del tutto inutile. E una delle prime cose che i ladri più aggiornati fanno prima di entrare in casa è disattivare la linea elettrica.

Se l’interruzione dell’alimentazione mette fuori uso l’occhio digitale di casa i ladri hanno via libera. Uno dei consigli è, quindi, quello di acquistare un piccolo gruppo di continuità, che consente di intervenire in caso di mancanza della corrente di rete.

Un’alternativa è utilizzare videocamere collegate con mini celle fotovoltaiche e relativa batteria che consentano al dispositivo di funzionare anche di notte. Meglio ancora se la videocamera è dotata di sim che si connette con la rete radiomobile, quella per gli smartphone, e non quella domestica wi-fi.

In questo modo un’interruzione della connessione è impossibile. Infine, non va sottovalutato un buon livello di protezione meccanica e la conformità a standard di sicurezza.

Con la tecnologia Power over Ethernet (PoE) dati e alimentazione sono trasmessi con un unico cavo. E con un router abilitato per PoE o un convertitore PoE separato da collegare alla rete elettrica e un gruppo di continuità si raggiunge la certezza di far funzionare videocamera e connessione a prova di ladro.

Serrature smart

Una delle chiavi, è il caso di dirlo, per la diffusione della home automation passa dalla porta. Le serrature smart sono ormai una option per moltissimi modelli dei maggiori produttori. Ma c’è un problema: la mancanza di uno standard.

Ecco perché i big della tecnologia anche questa volta, dopo aver trovato un accordo per Matter, il sistema operativo aperto dedicato alla domotica, si sono messi attorno a un tavolo per trovare una quadra.

Cioè, per uno standard royalty-free che si basi su un mix di diversi protocolli radio. Lo standard di cui si discute e che dovrebbe essere definito entro il prossimo anno e si chiama Aliro.

È stato sviluppato dalla Connectivity Standards Alliance e si propone di rivoluzionare il mondo delle serrature intelligenti. Tra i membri dell’alleanza Csa si contano colossi come Apple, Google, Samsung, Qualcomm, Allegion, Assa Abloy e circa 200 altre aziende, tutte con l’obiettivo di sviluppare un software aperto di riferimento.

Non si tratta, infatti, di stabilire design o specifiche dell’elettronica, ma di un ambiente universale da utilizzare per le chiavi digitali.

Il protocollo

Il protocollo Aliro, per esempio, supporterà tre modalità di comunicazione tra serratura e dispositivo di sblocco. Una è basata sul protocollo Nfc (Near Field Communication) utilizzato comunemente per le operazioni contactless con smartphone o carte di credito.

Ma Aliro potrà funzionare anche tramite il sistema Le (Bluetooth Low-Energy) o Uwb (Ultra-Wideband): un modo flessibile per coniugare funzionalità e sicurezza. Non solo: offrirà anche una delle funzioni più comuni per questo tipo di serrature, la possibilità per l’utente di fornire a terzi l’accesso.

Con questa funzione l’utente può semplicemente usare il proprio smartphone o uno smart watch per sbloccare una porta, anche a distanza: una funzione già proposta, ma poco usata.

Per questo lo standard si propone di semplificare l’utilizzo delle chiusure digitali. Una ricerca di Parks Associates ha indicato che mentre solo il 34% dei consumatori dotati di serrature intelligenti ha la capacità di chiudere o sbloccare utilizzando un’app su un telefono o uno smartwatch.

Eppure tali caratteristiche sono desiderate rispettivamente dall’89% degli intervistati. Il nuovo standard dovrebbe rendere tutto questa funzione alla portata di tutti.

di Paolo Caliari

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