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Autoconsumo condominiale: vantaggi, sfide e opportunità

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La transizione energetica passerà anche tramite i gruppi di autoconsumo condominiale e le comunità energetiche, ma occorre un generale cambio di visione e adeguamento manageriale e tecnologico.

La costituzione di un gruppo di autoconsumo condominiale collettivo (Gac) e la partecipazione a una comunità energetica rinnovabile (Cer) sono l’argomento del giorno, e tanti sono i dibattiti aperti sulle molteplici, e non sempre semplici, sfaccettature del cosiddetto autoconsumo diffuso. Il fatto, tuttavia, che esistano approcci al tema di natura legale, tecnica, operativa e gestionale rendono l’argomento talvolta ostico a chi, interessato, vi si voglia accostare.

Il dilemma

Soprattutto il grande dilemma che sempre si attanaglia nella mente di chi dimostra anche un timido interesse verso Cer e Gac, è se l’implementazione di una configurazione di autoconsumo condominiale effettivamente convenga o meno.

Perché, diciamolo chiaramente, se è vero che il legislatore europeo ha ben evidenziato che lo scopo principale per la creazione di tali configurazioni è di natura ambientale e sociale l’aspetto economico e ancor più quello finanziario ricoprono un ruolo fondamentale nelle scelte di una famiglia che voglia effettuare un investimento green partecipando all’installazione di un impianto fotovoltaico comune per, quindi, condividerne energia prodotta e relativi benefici.

E le tante tabelle che vengono pubblicate da agenzie ed enti scientifici o pubblici di certo non aiutano, ma anzi allontanano ancor di più, per la loro cavillosa burocraticità, chi voglia approcciarsi a tale tema.

Ricostruzione in 3D di un intervento troppo spinto

Ricostruzione in 3D di un intervento “troppo spinto”.

La convivenza da scoprire

Una risposta unica, certa e assoluta alla domanda se un gruppo di autoconsumo all’interno di un condominio convenga economicamente o meno, purtroppo non esiste proprio perché parimenti non esiste un condominio che sia uguale a un altro.

Poiché l’autoconsumo condominiale si plasma sul condominio in funzione della struttura fisica dell’edificio, del suo profilo energetico e, a cascata, sul profilo energetico dei proprio componenti, come tale è unico e l’implementazione di un gruppo di autoconsumo energetico diventa quindi un prodotto sartoriale che deve essere adattato alle specifiche esigenze in maniera anch’essa unica.

Cioè, detta in maniera semplice, ognuno consuma in maniera diversa e conseguentemente diversi potranno esserne i vantaggi.

Nell’assunzione quindi, che ogni condominio sia un caso a sé stante e che ogni scelta debba seguire a un’analisi precisa fatta da esperti quantomeno disinteressati e che non vogliano necessariamente vendere un prodotto se non effettivamente utile al condominio, si può dire che qualche analisi dei ricavi pro-capite (o forse sarebbe meglio dire pro-familia) esiste già ed è forse più utile di tante tabelle che variano in base a potenze e latitudini, dati certamente non in possesso di un utente medio.

I vantaggi dell’autoconsumo condominiale

Quali sono quindi i vantaggi economici e finanziari medi per una famiglia che voglia partecipare a un gruppo di autoconsumo condominiale? Diciamo innanzitutto che la famosa Tip (Tariffa Incentivante Premio) di cui tanto si parla, è solo una delle quattro voci di ricavo.

Infatti, esistono altre tre voci che possono avere un ampio impatto sulle scelte di investimento e di cui poco o niente si dice: queste voci sono rispettivamente il risparmio sui costi dell’energia comune (ovvero la diminuzione della bolletta del vano scale e dell’ascensore condominiale, tanto per essere chiari), il ricavo dalla vendita dell’energia (perché tutta l’energia prodotta e non consumata fisicamente ma immessa in rete e in uscita dall’edificio comunque viene remunerata), oltre ai vari incentivi fiscali di cui i proprietari dell’impianto possono beneficiare.

Immaginiamoci ora che una famiglia media con un consumo annuale di, ipotizziamo, 2500 kWh residente nel Lazio voglia partecipare a un gruppo di autoconsumo, investendo di proprio pugno 2000 euro per l’acquisizione di un impianto condominiale.

Quale sarà il ritorno economico di questa famiglia? Usando dei profili di consumo medio statistico possiamo ipotizzare, seppur in maniera semplicistica, che riuscirà ad auto consumare circa un terzo del proprio fabbisogno energetico portandosi a casa una cifra di poco meno inferiore ai 100 euro.

Questa cifra può far sorridere, ma ricordiamoci che questi soldi verranno percepiti in maniera esentasse (ciò è valido per il privato cittadino, perché per le attività commerciali il discorso è chiaramente diverso) ogni anno e per 20 anni.

Ma la famiglia avrà anche mediamente diritto a recuperare fiscalmente il 50% dell’ammontare speso, per cui mediamente dovrebbe essere in grado di recuperare altri 100 euro tramite un rimborso Irpef, aumentando il beneficio a 200 euro all’anno, ma siccome l’impianto sarà collegato alle utenze condominiali, ecco che si riceveranno ulteriori benefici grazie alla diminuzione della bolletta (condominiale) e quindi delle relative rate da pagare all’amministratore. Ipotizzando una cifra intorno ai 40/60 euro all’anno, il beneficio aumenta a 240/260 euro/anno.

Non da ultimo per importanza, la vendita dell’energia prodotta e immessa in rete, che, come ho detto prima, è un beneficio complementare a quello dell’incentivo da autoconsumo.

Purtroppo, nessuno possiede una sfera di cristallo ed è in grado di prevedere con precisione a che prezzo verrà venduta l’energia fra 1, 5 o 15 anni; siamo pertanto anche qui costretti a fare delle ipotesi visto che l’arco temporale di vita di una comunità energetica è di 20 anni. Possiamo immaginare ricavi di vendita intorno ai 40/60 euro l’anno ovvero pari alla metà dell’incentivo prodotto dall’autoconsumo.

Tutto ciò porta i benefici economici per famiglia, visti sopra nella loro totalità, a una cifra intorno ai 280/320 euro all’anno. Come detto in precedenza questi numeri vogliono essere una stima molto semplificata e ogni caso va analizzato a sé stante e in maniera molto più precisa analizzando i profili di carico individuali e condominiali, le potenzialità del condominio e i costi dell’impianto che possono variare notevolmente in funzione della struttura dell’edificio e altri oneri non immediatamente prevedibili (lunghezza dei cavi, linee vita…).

Lo scopo qui era quello di fornire un ordine di grandezza numerica per una famiglia che, ricordiamolo, accostandosi all’autoconsumo diventa essa stessa investitrice e come tale deve essere conscia che rientrerà, in questo caso, della cifra investita non prima di 6 o 7 anni. Perché le cifre viste sopra, lo ricordo, sono al lordo del costo dell’investimento.

Le criticità dell’autoconsumo condominiale

Analizzate quindi in velocità, e con le dovute semplificazioni, le potenzialità dell’autoconsumo, molte possono però essere anche le criticità. Innanzitutto, esiste la necessità per il condominio di mettersi nelle mani di professionisti esperti che siano anche in grado di mettere il veto a progetti senza senso ma spinti da approcci, a mio avviso, più green del necessario.

Un esempio lo si vede nella ricostruzione in 3D del condominio che proponiamo in foto. Una passione ecologista aveva spinto il condominio a voler mettere pannelli fotovoltaici anche sul cortile interno e lungo le facciate. Solo la presentazione di questa ricostruzione, che ha richiesto diverse ore di lavoro e un’accurata analisi di irradiazione sull’intero arco dell’anno, ha convinto i proprietari a mettere i pannelli solamente nelle zone a loro più favorevoli e maggiormente esposte (zone rosse).

A volte, infatti, e in certe zone, come nel caso appena visto, installare pannelli può non avere proprio senso, e ciò va detto al condominio dopo un’attenta simulazione. A volte invece mi capita, nelle innumerevoli conferenze a cui ho partecipato, di sentir chiedere “bello ma chi paga?”. Eccoci arrivati alla criticità finanziaria.

christian mari

Autore | Christian Mari, Ingegnere industriale, dirigente Duferco Energia spa, responsabile per lo sviluppo dell’autoconsumo collettivo condominiale e dei modelli di comunità energetiche rinnovabili, è impegnato in un progetto di ricerca sui modelli di sostenibilità economica dell’autoconsumo condominiale presso il Politecnico di Milano.

La costituzione, a mio avviso, di un gruppo di autoconsumo prevede un cambio di paradigma dove il “nuovo” consumatore finale dovrà comportarsi come un imprenditore e non il classico consumatore visto sino a oggi. Mi rendo altresì conto quanto ciò non sia facile uscendo da un periodo del “tutto o quasi tutto gratis” grazie a bonus, superbonus e sconti in fattura vari.

Cosa deve fare l’amministratore di condominio

Un ulteriore occhio di riguardo ovviamente lo si deve all’amministratore il quale nel momento in cui dovesse gestire i gruppi di auto consumo quale “referente” di un discreto impianto dovrà necessariamente dotarsi di appositi strumenti informatici capaci di gestire in maniera automatica i flussi di cassa, la rendicontazione degli stessi e la parte fiscale (il ricavo dalla vendita dell’energia dev’essere, ahimè, dichiarato dai singoli condomini). Excel non è più lontanamente sufficiente.

Mi si permetta un ultimo inciso: la transizione energetica passerà anche tramite i gruppi di autoconsumo e le comunità energetiche, ma ciò sarà possibile solo con un generale cambio di visione e con, a mio avviso, una obbligatoria e parallela transizione metodologica, manageriale oltreché tecnologica.

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