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2,5 miliardi di metri quadrati di amianto da bonificare

Sono passati poco più di vent’anni dalla Legge 257/92 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), con la quale è stato vietato in Italia l’uso del minerale e dei materiali che lo contengono. L’amianto per molti anni è stato un componente di prodotti per le costruzioni, sia come elemento aggiunto ad altri, sia costitutivo di specifici prodotti, in particolare le coperture. Secondo un’indagine svolta dal Cnr, e considerando solo le onduline, ci sono oltre 32 milioni di tonnellate di amianto presenti sul territorio nazionale. E da alcuni studi di Legambiente risultano circa 50mila edifici pubblici e privati che devono essere bonificati. In realtà, su tutto il territorio nazionale ci sono un gran numero di siti che contengono amianto e si stima che arrivino a coprire una superficie di 2,5 miliardi di metri quadrati, ai quali vanno aggiunti altri 600mila metri cubi di amianto friabile. La gravità di questa situazione è evidente se si pensa che il minerale è un forte agente cancerogeno e ogni anno per le patologie collegate si contano oltre 2mila vittime.amianto2

Censimento lento

Da molti anni le Regioni hanno avviato programmi e progetti per censire le superfici da bonificare, tuttavia procedono a rilento. Comunque si deve, caso per caso, individuare la tecnica più idonea per ridurre il rischio e mettere in sicurezza il sito, oppure rimuovere definitivamente le strutture contenenti amianto: i proprietari di edifici nei quali si trovano materiali contenenti questa sostanza hanno l’obbligo di garantire un periodico controllo degli stessi e di intervenire. Va anche sottolineato che la presenza di amianto in un edificio non comporta di per sé un pericolo per la salute degli occupanti se il materiale è in buone condizioni e non viene manomesso. Tuttavia, l’usura e l’esposizione agli agenti atmosferici e il naturale degrado dei materiali da costruzione nel tempo può comportare il rilascio di fibre che, per le loro caratteristiche, costituiscono un serio pericolo per la salute delle persone. Per tale ragione se vi sono materiali che potenzialmente contengono amianto, questi non devono essere manomessi, forati, tagliati o danneggiati in alcun modo.

Rispetto agli interventi di contenimento dell’inquinamento, di riduzione del rischio o di eliminazione delle strutture e prodotti con il minerale, ci sono due fattori dei quali tener conto: i Piani Regionali Amianto, che individuano attraverso un censimento le superfici da bonificare e prescrivono le modalità di intervento, e le opportunità che la tecnologia mette a disposizione per risolvere eventuali situazioni di rischio, associate alle opportunità di incentivazione e defiscalizzazione degli interventi. Ma le Regioni sono in forte ritardo, rispetto alla tabella di marcia prevista dalle normative nazionali, nella costruzione dei censimenti regionali dei siti da bonificare, compresi i censimenti degli edifici a rischio.amianto

Tutto il pericolo minuto per minuto

Vediamo alcuni esempi. In Lombardia il Pral (Piano regionale amianto Lombardia) è stato deliberato nel 2005 dalla Regione e prevede il totale smaltimento dell’amianto entro il 2016. A oggi un obiettivo irraggiungibile, anche perché non sono stati stanziati fondi necessari. Il censimento è avvenuto attraverso un telerilevamento aereo a campione, realizzato dall’Arpa, associato a un’analoga iniziativa gestita dalle Asl in collaborazione con i Comuni. Il censimento, inoltre, prevedeva l’autonotifica da parte dei cittadini ed è ancora in corso. A oggi è stato rilevato amianto in 4.228 edifici pubblici, in 23.972 privati, 1.033 siti (ex aree industriali, logistiche, commerciali), per un totale di 2,7 milioni di metri cubi. La Regione Veneto procede con la Mappatura regionale amianto, che prevede la classificazione dei siti dove è presente la sostanza per verificare lo stato di conservazione dei materiali, individuando situazioni di criticità e, dove necessario, pianificare e attuare interventi di rimozione o bonifica. La mappatura, che riguarda le scuole pubbliche, quelle private e gli edifici di proprietà di comuni e province, fotografa una situazione preoccupante. A oggi, su un totale di 588 enti coinvolti (comuni e province) solo 111 hanno avviato la mappatura. Non va meglio nelle altre regioni, come Marche, Toscana, Lazio, Campania o Puglia, che pur dotate di strumenti legislativi che individuano il percorso e le scadenza per la mappatura dell’amianto e la predisposizione dei piani di intervento, sono in forte ritardo rispetto alla tabella di marcia. Per esempio, nel Lazio, secondo Legambiente, «ci sono almeno 2.907 tonnellate di amianto dislocate in 1.175 edifici pubblici, alle quali si aggiungono tra le 360mila e le 700mila tonnellate di tetti e coperture private». Nel 2012 ne sono state rimosse solo 16mila tonnellate, secondo i dati del Centro regionale amianto, e con questo ritmo è evidente che ci vorranno almeno 60-70 anni per eliminare del tutto questa sostanza dagli edifici del Lazio.

Morte senza frontiere

Il problema principale è che a causa dell’amianto si continua a morire. Secondo il Registro Nazionale Mesoteliomi istituito presso l’Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell’apparato respiratorio strettamente connesso all’inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9mila i casi riscontrati. Nessuna regione è esclusa e tra le regioni più colpite ci sono Piemonte (1.963 casi di mesotelioma maligno), Liguria (1.246), Lombardia (1.025), Emilia-Romagna (1.007) e Veneto (856). Nonostante la situazione sanitaria sia molto preoccupante, gli interventi da parte dello Stato prima e delle Regioni poi tardano ad arrivare. Lo scenario prospettato dai Piani Regionali Amianto esistenti non è confortante, se si considera che solo cinque regioni (Basilicata, Lombardia, Molise, Puglia e Umbria) hanno dati relativi all’amianto presente negli edifici privati.

Ma non ci sono solo cattive notizie. Per quanto riguarda gli interventi di bonifica e di risanamento, nonostante i ritardi ai grandi siti nazionali, va sottolineato il caso del Piemonte, che svolge un’intensa attività di bonifica, soprattutto nei Comuni che ricadono all’interno del Sito di interesse nazionale di Casale Monferrato, e della Lombardia, dove a oggi sono stati messi in sicurezza oltre 400mila metri cubi di onduline in cemento-amianto. Gli edifici risanati rappresentano il 18,5% del totale censito.

Raccolta differenziata

Tuttavia, un altro problema non di poco conto è la mancanza di impianti di smaltimento adeguati per i materiali contaminati. Questa situazione comporta che le fibre rimosse spesso siano spedite anche all’estero, per esempio in Germania o in Austria, Paesi attrezzati a gestire questa emergenza. A oggi le regioni che hanno una discarica dedicata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Emilia-Romagna e Liguria. La Basilicata ne ha due, il Piemonte tre, la Toscana e la Sardegna quattro, ma in tutti i casi le capacità residue sono molto scarse se relazionate ai quantitativi di materiali ancora presenti sul territorio. E in altre regioni i siti individuati spesso come possibili nuove discariche sono osteggiati dalla popolazione e risultano bloccati per motivi legati alle autorizzazioni, come in Veneto.

Per risolvere questo problema, dunque, non basta svolgere un’intensa attività di censimento e valutazione dei rischi per la salute, con prescrizioni specifiche di intervento a livello regionale, ma serve un insieme articolato di misure che riguardano sia l’organizzazione di una filiera efficiente nel trattamento dell’emergenza, dall’individuazione dell’amianto all’intervento di risanamento, bonifica o messa in sicurezza, sia la presenza di sistemi di incentivazione adeguati a promuovere gli interventi. Alcune azioni, infatti, hanno limitato la potenzialità di intervento. Il piano nazionale amianto, per esempio, aveva proposto tra gli strumenti per finanziare e accelerare le bonifiche un extra-incentivo per la sostituzione dell’eternit con il fotovoltaico. Ma questo strumento è stato cancellato negli ultimi conti energia, nonostante abbia portato, secondo dati Legambiente, alla rimozione di oltre 20 milioni di metri quadrati di eternit dai tetti e all’installazione di 2.159 megawatt di energia prodotta da fonti energetiche pulite e rinnovabili.

Detrazioni sul 65% della spesa sostenuta

Ma in questo caso c’è una buona notizia. Anzi, più di una. Con il decreto legge 63/2013 il Governo ha esteso, a partire da gennaio, le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni e l’efficienza energetica anche agli interventi di bonifica dell’amianto. Rispetto a queste disposizioni, che rientrano nel pacchetto cosiddetto Ecobonus, l’aliquota fissata per le detrazioni fiscali degli interventi è quella più elevata, il 65% della spesa sostenuta. Inoltre, ed è un’altra buona notizia, il governo uscente (ed è probabile che il nuovo esecutivo lo riconfermi) si era impegnato a prolungare le agevolazione dell’Ecobonus, al fine di renderle strutturali. Sono ottime ragioni per ipotizzare non solo la possibilità di intervenire, ma anche di offrire certezza e continuità nel futuro ad azioni che non possono essere solo spot, ma rappresentare un intensivo e continuo miglioramento e riqualificazione degli edifici, condomini compresi. Moltissimi edifici hanno necessità di avviare interventi di valutazione e messa in sicurezza o bonifica dell’amianto presente. Un condominio certificato è anche uno stabile che non solo ha ottime prestazioni energetiche, di sicurezza dalle intrusioni e di qualità complessiva, ma anche una certificazione di assenza di problemi per la salute.

 

Federico Della Puppa

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Autore: Virginia Gambino

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